di C. Gily
Un giornale scritto a Napoli, in questo inizio di marzo e della sua dolce primavera di una breve ed eccezionale situazione climatica, non può non essere colpito al cuore dal disastro del lunedì nero, il 4 marzo ultimo scorso, che ha visto crollare due grandi sogni contemporaneamente, dando subito alla città l’assetto di una guerra in corso che tende a diventare esplicita.
Forse non ci sono mani assassine ovunque, ma certo l’aspetto congiunto del crollo di uno storico e grande palazzo di Napoli sulla Riviera di Chiaia alle 10 del mattino e l’incendio di Città della Scienza alla sera, disegna un quadro fosco, che al di là delle indagini della magistratura dà corpo ad una verità che tutti pensano: che c’è una guerra in città, da sempre, tra chi cerca di dare spazio ad energie vive della città e chi vuole soltanto esserne il nuovo viceré.
Tanto per fare un esempio: lo scandalo denunciato nei giorni scorsi dei corsi di formazione, che con uno sperpero incredibile hanno creato solo 31 posti di lavoro in tanti anni; per altro attribuiti senza concorsi nazionali come per tutte le altre docenze pubbliche. Cosa significa creare un posto di lavoro fisso? Significa, al di là degli abusi, aprire la libertà di pensiero al singolo lavoratore, che si scioglie dal ricatto del licenziamento e può giudicare senza timore con la sua testa. Gli abusi hanno bruttato tutto questo e motivato il sarcasmo anche su chi solo aspira al posto fisso – ma l’istanza giusta che era alla base è ovvia per chiunque abbia frequentato un posto di lavoro quotidianamente. Creare solo 31 posti di lavoro, pur avendo a disposizione risorse finanziare atte ad altro, denuncia che dietro il sarcasmo c’è la volontà di costituzione di uno strumento di potere duttile per una aristocrazia politica sempre più forte, ai cui insindacabili poteri burocratici si è affidata la scelta degli eletti. Essi continueranno a lottare contro la città che gli si oppone, in una con tutti gli altri favoriti: la falange che scioperi improvvisi e insensate cadute nei servizi ai cittadini.
Perché la scelta degli eletti a un posto fisso è caduta su quegli stessi yes men che la destra privilegia nel suo chiaro progetto aristocratico.
È solo un esempio della guerra presente in città, tesa tra cosche camorristiche e lobbies politiche: ostile ai lavoratori comuni, alle formiche che seguitano tra mille fatiche ad operare. Occorre un cambiamento vero: a questo mirava la scelta alternativa dei sindaci di qualche anno fa – ma il messaggio non fu capito, donde il successo attuale di Grillo – che nella sua dialettica vincente riafferma un nuovo potere dirigistico. Bisognava capire a tempo.
In città il pericolo presente si veste il 4 marzo 2013 delle sue vesti conflittuali; l’antico e il nuovo bruciati dalla follia della lotta intestina.
Come che siano le responsabilità, l’immagine è vera.