di Clementina Gily, Editoriale
Si è consumata alive la disfatta che si temeva da sempre. Da quando destra e sinistra si sono fusi in un partito al tempo do Mani Pulite.
Come negli anni ’90 la DC fu distrutta da un sistema sempre più labile di credenze comuni, incapace di dominare la logica delle correnti e della corruzione – una accusa fatta da sempre. Così per il PD i problemi sono vecchi: chi si è anche solo limitato a guardare dalla finestra, sa che il PD è un’azienda senza VISION. Se c’è un terreno dov’è INDISPENSABILE la visione metastorica è la politica. E chi discute d’altro che di sedie e voti?
S’era detto e ridetto: ma Cassandra è una figura tragica e piangente. Occorre che la politica la smetta coi tweet, troppo brevi per capirsi, e rimetta in funzione l’ascolto. Regaliamogli una copia di Plutarco, da poco riedito da Newton Compton, che diceva bene come funziona.
Mettere insieme Marini e D’Alema non voleva dire firmare insieme battaglie. Per la propria sconfinata ambizione, Marini lapida Renzi, il 40% del partito. Basta dire questo per capire.
Che dire? È la domanda di tutti: la risposta può essere che se, come dice Cacciari, non c’è che da buttare a mare il PD e fare di Barca e Renzi i capi di due partiti, si regala l’Italia a due forze non liberaldemocratiche. I numeri sono i numeri, l’OVVIO è ovvio. Basta coi BIZANTINISMI.
Come diceva Nanni Moretti: Facciamoci del male! Oppure, finalmente, ragioniamo.
All’inizio, al tempo di Mani pulite, grandissimi uomini di opposte sponde, Norberto Bobbio e Renzo De Felice, s’interrogarono sul “destra e sinistra oggi”, per discutere del nuovo mondo di idee necessario dopo la caduta del muro di Berlino e di ciò che simboleggiava, la netta contrapposizione tra capitalismo e comunismo, la guerra fredda durata quarant’anni. Nacque così la convergenza del partito che doveva riunire – fino a ieri – Bindi e Bersani.
Ma si doveva pensare per ricostruire un mondo di valori comuni – che in politica non sono Bellezza Verità e Bontà, e nemmeno Giustizia e Libertà, ma autentici valori politici, capaci cioè di essere la base di un programma redatto da competenti, da proporre a chi vota oggi per domani – non è una fede la politica. Invece due partiti fideisti hanno continuato a rinsaldare il loro zoccolo duro, creando aziende clientelari. Alla fine hanno stilato punti programmatici sventolandoli come bandiere invece di discuterli. Perché i cattolici hanno il loro mondo di valori del tutto chiaro e stabile – e comunque non meditano i laici ma i teologi – il laico opera. La sinistra seguita a ritenere le idee sovrastruttura e regolarmente affonda chi ne ha. Chiunque c’è stato senza chiedere, ha visto cadere i fulmini sui migliori, oppure la loro omogeneizzazione – l’intellettuale organico di sempre, esperto solo di potere – ed ecco qua. OVVIO.
È ora di cambiare strada e trovare politiche comuni. Nemmeno tra moglie e marito si condividono le culture – l’unione stabile si basa su pochi punti condivisi: il PD ha discusso accanitamente solo quelli che dividono – eutanasia e coppie di fatto – un esempio del capolavoro della scelta per mettere d’accordo cattolici e laici!
Poche linee comuni e per il resto separati in casa – e intanto discutere in sedi appropriate, distanti dalle scelte politiche, con tutte le idee rispettate e tenute da conto, delle differenze, così da appianarle. È OVVIO, come dice Renzi.
Senza questa libera costruzione, è stata una fusione fredda, dice sul Mattino di domenica Massimo Adinolfi richiamando Giambattista Vico. Una fusione non riuscita: ora o si rompe o si riparte col piede giusto. Il congresso: ma siete mai stati a un congresso? Al massimo serve a vivere domani. Poi ci vuole altro, discussioni aperte alle idee migliori, assunte con serietà e responsabilità, cioè nella convinzione che se si sbaglia si paga. Anche nelle idee politiche.
E veniamo a noi: il che fare? migliore è sempre fare il proprio mestiere.
Wolf in questo numero cede a qualche aforisma, nella difficoltà di questi giorni, ma lancia riflessioni di lungo passo. Quella sull’agonistica intesa come capacità di realizzare; quella sui beni culturali futuro economico dell’Italia, con una lettura dei vicoli di Napoli fatta da Mario De Cunzo; con la pubblicazione a puntate del testo di Sansone Vagni sul Principe di Sansevero e il suo Tempio; con le attività OSCOM rivolte all’educazione del gusto d’arte con la Pedagogia della Bellezza.
Nella pagina dell’arte si illustrano casi di queste attività, i laboratori a Palazzo Reale di Antonello Leone (con l’articolo del 2005 su lui e Daverio) ed Ermanno Guida. Si dà la linea ideale della nuova rubrica medialiterature, che ospiterà recensioni di testi multimediali e digitali.
La pagina filosofica comprende due scritti di studenti universitari, un abstract di storia dell’estetica sul concetto di forma e la puntata della tesi sul metrò di Napoli. Poi ci sono due testi digitalizzati, uno del ’45 sull’Europa, il grande ideale che ancora chiede di essere completato per non essere distrutta da politiche solo finanziarie; un passo dell’ultima intervista di Derrida sul ruolo dell’intellettuale nel mondo d’oggi. Due testi che rischiamo di dimenticare, pagine polverose da trascrivere nell’intelligenza collettiva delle reti: restano attuali.