di Anna Irene Cesarano
L’Italia trema ancora. E lo fa inghiottendo 290 persone, sì perché questa sembra essere la stima dei morti attuale. Per non parlare delle persone assistite nei campi e nelle tendopoli di fortuna allestite dalla protezione civile. Le cifre sono esorbitanti da qualsiasi punto di vista si guardi al terremoto. Amatrice, famoso per la sua tradizione culinaria rinomata in tutto il mondo, è il comune che ha pagato il dazio più alto al sisma con circa 229 morti e decine di dispersi di cui non si conosce tuttora la sorte. Si parla addirittura di comunità locali scomparse sepolte dall’ira del terremoto, perché in questi paesini che contano pochi abitanti un evento del genere ha scombussolato dal punto di vista strutturale l’intera collettività. Persone che in pochi attimi hanno perso tutto familiari, case, lavoro, certezze e che ora devono partire da zero e non da tre come diceva il nostro grande Massimo Troisi. Bé, è di questi giorni la notizia che ha fatto impazzire letteralmente i social e i giornali italiani. Indignati, inferociti, disgustati così noi italiani abbiamo risposto alla vignetta in edicola col titolo “Terremoto all’italiana” del noto giornale satirico francese Charlie Hebdo, al centro negli anni dei noti avvenimenti terroristici di cui tutti siamo a conoscenza ( il 7 Gennaio 2015 è stato attaccato dai terroristi e vi hanno trovato morte 12 persone del giornale). Ma procediamo per gradi, analizziamo le vignette in questione. “Terremoto all’italiana penne al pomodoro, penne gratinate, lasagne”. Le penne al pomodoro sono rappresentate da un uomo sporco di sangue, quelle gratinate da uno sporco di polvere e sabbia mentre la lasagna, così cara alla bella Italia, con strati di pasta alternati ai morti sotto le macerie e conditi con sugo ovvero sangue. E questa è la prima vignetta. Impazza la polemica. Il Sindaco di Amatrice “Satira imbarazzante”, ma Charlie Hebdo risponde e rincara la dose: “Italiani … non è Charlie Hebdo a costruire le vostre case ma la mafia”. Tutto questo corredato dalla bella battuta: “Ancora non si sa se il sisma abbia gridato Allah Akbar prima di tremare”. Politici italiani, persone comuni, perfino l’Ambasciata francese prende le distanze dicendo: “Non ci rappresenta” e cosa ancor più paradossale anche un collaboratore di Charlie Hebdo attacca la redazione ed esprime tutto il suo imbarazzo e disgusto per il lavoro dei colleghi. A farlo è Robert McLiam Wilson che dice: “Effettivamente si tratta di spazzatura, non c’è ombra di dubbio. Capisco che abbiano scatenato tanta rabbia e risentimento, anzi, mi meraviglio che non ci siano state reazioni più violente. Quelle vignette non hanno alcun merito, di nessun genere. Sarebbe questa la satira? Che genere di satira? Dove? In quale dettaglio? No, è uno schiaffo in faccia, una provocazione crudele e insensibile. Non raggiunge alcuno scopo qualsivoglia, politico, polemico o morale. È un gigantesco nulla, un vuoto sgradevole e inutile. […] E qui dico che sono molto dispiaciuto per quanto accaduto, e me ne vergogno. Hai fatto una vera schifezza, Charlie. Ero così fiero di scrivere per te. Eppure, per nessun motivo, hai offeso tante persone senza alcuno scopo”. Touché. Andiamo in profondità della vicenda visto che ci riguarda da vicino. Satira o cattivo gusto? Libertà o censura? Denuncia o derisione? Sono tante le posizioni che esprimono gli italiani sui social. Queste vignette avrebbero forse dovuto fungere da denuncia politica, economico-sociale ad un malcostume italiano ed a uno stato di cose da cambiare. Va bene, che cosa ci vuol dire Charlie Hebdo? Case costruite con la sabbia ad opera della mafia che poi quando crollano ti riducono e riducono il territorio circostante a strati di lasagne, ecco il senso! Ma c’è modo e modo di dire le cose, e c’è modo e modo di fare satira e soprattutto di scegliere argomenti sui quali fare la satira. Siccome il nostro intento non è qui di produrre una scarna e vuota polemica già infiammata e sulla quale si è detto tutto, ma di riflettere e di rivolgere la nostra attenzione e le nostre energie alla ricostruzione di questi territori e comunità favorendo e ripristinando la VITA. Anche se una domanda ronza in testa: “Che sia il caso di ridere o fare satira al prossimo attentato?” No, certo che no!
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