Categoria: Europe Direct : EPE Wolf

Cittadine e cittadini di un’Europa ancora più equa verso il 2020

di  Enrica Rapolla

Il gender mainstreaming è un complesso e trasversale concetto che è ormai un asse strategico all’interno delle politiche europee, sin dal 1957 quando, nel trattato di Roma, veniva citato il principio dell’uguaglianza retributiva . Ne è la riprova, ad esempio, l’inserimento del medesimo concetto all’interno dei formulari dei progetti europei: quasi sempre, ormai, presentando un progetto, indipendentemente che esso preveda o meno un impatto sul genere, deve contenere una parte dedicata alla garanzia del gender mainstreaming. Anche nelle valutazioni progettuali, altro esempio, il gender balance appare importante variabile di scrutinio.

L’idea di Europa stessa, volendo adottare una prospettiva etimologica, abbraccia il mito del Ratto di Europa per cui, direbbero gli antropologi, questo continente nasce con un mito fondativo  femminile, così come, ad esempio, la città di Napoli.

All’interno dell’Europa Unita, la prospettiva di genere ha assunto sempre più, specialmente negli ultimi anni, una evidenza molto accentuata e la focalizzazione comunitaria sulla questione è, evidentemente, multidimensionale.

L’Europa investe nelle politiche di genere attraverso determinati programmi specifici, molti dei quali vantano una “storia” istituzionale radicata, come il DAPHNE, ad esempio, ed attraverso altri programmi che toccano anche le tematiche di genere; in altri casi, l’Unione ha creato dei filoni istituzionali all’interno delle politiche di genere, trasversali ad altre DG, oppure ha incaricato specifici direttorati generali, in primis quello della Giustizia, a trattare queste tematiche.

Anche dal punto di vista delle tematiche, essendo il gender mainstreaming un vasto collettore che irradia le sue venature in diverse specificità, l’idea di politiche di genere si staglia all’interno di una vasta serie di azioni che, prevalentemente attraverso i progetti finanziati dall’UE, impattato in molti dei numerosi ambiti applicativi. Difatti, tematiche che possono apparire aliene all’UE, data la composizione della sua cittadinanza, sono comunque toccati dall’Istituzione comunitaria grazie ad un fitto reticolo di programmi operativi negli aiuti esteri. Nell’altra parte dei casi, che costituisce la maggioranza delle operazioni, l’UE si focalizza su tematiche più vicine alla sua realtà interna, come, ad esempio, la parità retributiva, la vasta tematica della rappresentanza femminile nei luoghi decisionali, le condizioni di lavoro, la conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro.

In occasione delle elezioni al Parlamento europeo che si terranno a maggio 2014, sono stati presentati dei dati riguardanti alcuni dei punti caldi della questione “genere”. Infatti, secondo i dati di Eurostat e della Commissione europea presentati[1], le donne risultano “più istruite” ma anche “più vulnerabili”. Calcolando un divario retributivo dell’80%, le donne appaiono più istruite degli uomini, con 20 punti percentuali in più di titoli universitari rispetto ai colleghi uomini a cui fa fronte però una bassa rappresentanza nei consigli di amministrazione (nei quali le donne si pongono al 15.8%) ed un tasso di occupazione pari al 32% nel 2011.

A riprova che le donne siano un asset fondante anche dal punto di vista economico – e dunque sociale – si stagliano le considerazioni della Strategia Europa 2020[2], la grande macchina strategica che guiderà le macrostrategie europee sino al 2020, che ha conformato l’attuale politica di coesione e la riprogrammazione europea, a partire dal 2014.

All’interno della Strategia, la questione del female employment viene vista come una prova tangibili che hanno reso “evidente” gli effetti della crisi:

nonostante i progressi registrati, i tassi di occupazione in Europa – 69% in media per le persone di età compresa tra 20 e 64 anni – sono ancora nettamente inferiori rispetto ad altre parti del mondo. Solo il 63% delle donne lavora contro il 76% degli uomini. Solo il 46% dei lavoratori più anziani (55-64 anni) è ancora in attività, contro più del 62% negli Stati Uniti e in iappone. Inoltre, le ore lavorative degli Europei sono inferiori del 10%, in media, a quelle dei loro omologhi statunitensi o giapponesi[3].

Sempre facendo riferimento alla centralità economica delle risorse umane femminili, la Commissione europea ha stimato che queste ultime possono contribuire alla fuoriuscita dalla crisi:

il tasso di occupazione delle persone di età compresa tra 20 e 64 anni dovrebbe passare dall’attuale 69% ad almeno il 75%, anche mediante una maggior partecipazione delle donne e dei lavoratori più anziani e una migliore integrazione dei migranti nella popolazione attiva[4]

Tra le tre grandi tipologie di crescita – intelligente, sostenibile ed inclusiva – l’istanza rosa rientra all’interno del terzo grande tipo di crescita, quella inclusiva, che viene intesa come

un’economia con un alto tasso di occupazione che favorisca la coesione economica, sociale e territoriale[5].

All’interno di questo ambito, la Strategia Europa 2020 propone l’Iniziativa faro “Piattaforma europea contro la povertà[6], nella quale gli Stati membri saranno chiamati a

definire e attuare misure incentrate sulla situazione specifica delle categorie particolarmente a rischio

tra le quali compaiono anche le donne, che sono viste come una delle chiavi di volta per il raggiungimento degli obiettivi delle Strategia in un altro, importantissimo documento di primaria importanza per la comprensione dell’ottica di genere all’interno delle politiche europee è la “Strategia per la parità tra donne e uomini 2010/2015”[7] che inizia sostenendo che

Nel 1975 il principio della pari retribuzione per pari lavoro è stato invocato con successo per difendere Gabrielle Defrenne, una hostess della compagnia aerea nazionale belga, e i diritti derivanti dal caso Defrenne sono un lascito irremovibile per le donne dell’Unione europea. Il caso ha portato all’adozione delle prime direttive europee sulla parità di genere[8].

Le linee di azione che emergono dal documento sembrano focalizzate su determinati cardini strategici:

1)    Pari indipendenza economica;

2)    Pari retribuzione per lo stesso lavoro e lavoro di pari valore;

3)    Parità nel processo decisionale;

4)    Dignità, integrità e fine della violenza nei confronti delle donne;

5)    Parità tra donne e uomini nelle azioni esterne;

6)    Questioni orizzontali

Questi punti costituiscono, invero, l’indice stesso del documento ed essi sono l’incipit di una serie di azioni chiave che la Commissione si propone di attuare:

1)    Pari indipendenza economica[9]: ecco gli obiettivi della Commissione.

  • sostenere la promozione della parità di genere nell’attuazione di tutti gli aspetti e delle iniziative faro della strategia Europa 2020, in particolare per quanto riguarda la definizione e l’attuazione delle misure nazionali pertinenti, tramite il sostegno tecnico, i Fondi strutturali e altri importanti programmi di finanziamento come il 7° programma quadro per la ricerca. Nel contesto degli orientamenti sull’occupazione e della valutazione delle politiche nazionali per l’occupazione, la Commissione seguirà attentamente le politiche nazionali adottate per migliorare la parità di genere sul mercato del lavoro e l’inclusione sociale delle donne;
  • promuovere l’imprenditorialità e il lavoro autonomo delle donne;
  • valutare le disparità ancora esistenti per quanto riguarda il diritto al congedo per motivi di famiglia, in particolare il congedo di paternità e il congedo per la prestazione di assistenza, e le possibilità di affrontarle. Le parti sociali saranno consultate sull’adozione di ulteriori misure, come prevista dall’articolo 154 del trattato sul funzionamento dell’UE;
  • riferire sui risultati ottenuti dagli Stati membri per quanto riguarda le strutture di assistenza per l’infanzia;
  • promuovere la parità di genere in tutte le iniziative concernenti l’immigrazione e l’integrazione dei migranti.

 

2)    Pari retribuzione per lo stesso lavoro e lavoro di pari valore[10]. Gli obiettivi della Commissione sono stati:

  • esplorare con le parti sociali europee, rispettando l’autonomia del dialogo sociale, le possibilità di migliorare la trasparenza delle retribuzioni e l’impatto sulla parità retributiva di accordi come il lavoro a metà tempo e i contratti a termine;
  • sostenere le iniziative per la parità retributiva sul posto di lavoro come marchi, attestati e premi, nonché lo sviluppo di strumenti con cui i datori di lavoro possono correggere i divari retributivi ingiustificati tra donne e uomini;
  • istituire una giornata europea della parità retributiva che si terrà ogni anno per sensibilizzare sul fatto che le donne debbono lavorare molto più a lungo degli uomini per la stessa retribuzione;
  • incoraggiare le donne a scegliere professioni non tradizionali, per esempio in settori “verdi” e innovativi.

 

3)    Parità nel processo decisionale[11]: la Commissione intende

  • esaminare iniziative mirate al miglioramento della parità di genere nei processi decisionali;
  • monitorare l’obiettivo del 25% di donne in posizioni direttive di alto livello nella ricerca;
  • monitorare i progressi verso l’obiettivo del 40% di membri di uno stesso sesso nei comitati e gruppi di esperti istituiti dalla Commissione[12];
  • sostenere gli sforzi per promuovere una maggiore partecipazione delle donne alle elezioni al Parlamento europeo, anche come candidate.

4)    Dignità, integrità e fine della violenza nei confronti delle donne[13]. A tal proposito la Commissione si è prefissa di:

  • adottare una strategia a livello dell’UE contro le violenze nei confronti delle donne volta ad esempio ad sradicare la mutilazione genitale femminile, utilizzando tutti gli strumenti appropriati, comprese le leggi penali nei limiti delle competenze dell’UE, con il sostegno di una campagna di sensibilizzazione a livello europeo sulle violenze nei confronti delle donne;
  • adoperarsi affinché la legislazione europea in materia di asilo tenga conto di considerazioni relative alla parità dei sessi; promuovere formazioni sulle pari opportunità e le buone prassi all’interno dell’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo nonché con finanziamenti del Fondo europeo per i rifugiati;
  • redigere una relazione sulla salute degli uomini, che dia seguito alla relazione sulla salute delle donne del 2010.

 

5)    Parità tra donne e uomini nelle azioni esterne[14]. In questo ambito la Commissione vuole:

  • monitorare e promuovere il rispetto dei criteri di Copenhagen per l’adesione all’UE nel campo della parità di trattamento di donne e uomini ed assistere i paesi dei Balcani occidentali e la Turchia nel recepimento e nell’applicazione della legislazione;
  • attuare il piano di azione dell’UE sulla parità tra uomini e donne e l’emancipazione femminile nello sviluppo (2010-2015);
  • continuare ad incoraggiare i paesi partner della PEV a promuovere la parità tra donne e uomini tramite un dialogo politico regolare, lo scambio di esperienze ed esplorando le possibilità di assistenza nell’ambito dello strumento europeo di vicinato e partenariato;
  • integrare maggiormente le considerazioni di parità di genere nell’aiuto umanitario dell’UE.

6)    Per le Questioni orizzontali, la Commissione ha inteso:

  • esaminare il ruolo degli uomini nella parità di genere; promuovere buone pratiche relative ai ruoli di genere nella gioventù, nell’istruzione, nella cultura e nello sport;
  • monitorare la corretta attuazione delle norme dell’UE sulla parità di trattamento, in particolare delle direttive 2004/113/CE e 2006/54/CE; monitorare in che misura è stato tenuto conto della parità di genere nell’applicazione delle direttive sulla non discriminazione;
  • promuovere la piena attuazione della piattaforma d’azione di Pechino, compreso lo sviluppo e l’aggiornamento di indicatori, con il sostegno dell’Istituto europeo per la parità di genere;
  • presentare una relazione annuale sui progressi compiuti in materia di parità di genere, in particolare nei settori che rientrano nell’ambito di questa strategia, prima dello svolgimento di un dialogo annuale di alto livello sulla parità di genere tra il Parlamento, la Commissione, gli Stati membri e le principali parti interessate.

 

Questa Strategia è stata anche soggetta ad una revisione durante il 2013 che ha dato il via al documento relativo[15], un’importante occasione di riflessione e di revisione della strutturazione strategica alla luce anche degli intensi anni che hanno aiutato a definire anche meglio le modalità con le quali la crisi ha impattato sul tessuto sociale dell’Europa.

L’Ue ha inoltre adottato la Carta per le Donne, elaborata in occasione della Commemorazione del quindicesimo anniversario dell’adozione della dichiarazione e della piattaforma d’azione della Conferenza mondiale dell’ONU sulle donne, a Pechino, e del trentesimo anniversario della Convenzione ONU sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne[16]. Il documento, di particolare spessore, ricorda che:

         “La parità tra donne e uomini è un diritto fondamentale, stabilito dall’articolo 2 del trattato sull’Unione europea e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Si tratta inoltre di uno dei valori comuni sui quali si fonda l’Unione europea.

La coesione economica e sociale, la crescita sostenibile e la competitività, le sfide demografiche, riuscire in tutto questo dipende da una vera uguaglianza tra donne e uomini.

L’Europa ha compiuto notevoli progressi verso la parità tra uomini e donne durante gli ultimi decenni: ha dimostrato il proprio impegno, ha realizzato partenariati e ha creato sinergie fra le sue risorse e i suoi strumenti, giuridici, politici e finanziari, per operare cambiamenti. Oggi si laureano più donne che uomini. Oggi le donne contribuiscono come non mai alla forza lavoro dell’Europa. Oggi l’Europa sfrutta maggiormente il proprio talento e applica di più le proprie capacità”[17].

Il Documento stabilisce inoltre i diversi principî sui quali le iniziative si poggeranno:

  1. Pari indipendenza economica;
  2. Pari retribuzione per lo stesso lavoro e lavoro di pari valore;
  3. Parità nel processo decisionale;
  4. Dignità, integrità e fine della violenza basata sul genere;
  5. Parità fra i generi oltre l’Unione.

 

Alla lettrice ed al lettore attento non sarà sfuggita l’assonanza con le linee di azione della succitata strategia, a riprova dell’andamento strategico e circolare della focalizzazione dell’Unione europea sulle questioni di genere.

Il medesimo andamento circolare avrà questo piccolo contributo, nel quale è stato impossibile approfondire la vasta tematica, tentando invece di fornire un quadro piuttosto chiaro riguardante lo sfondo istituzionale che conforma la politica per le donne dell’Unione europea, chiudendosi nuovamente con la suggestione che, in fondo all’archetipo della stessa Europa, ci sia una donna.

 



[2] COM(2010)2020

[3] COM(2010)2020, pag. 8

[4] Ibidem, pag. 12

[5] Ibidem, pag. 19

[6] Ibidem, pag. 21

[7] Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, COM(2010)491 definitivo

[8] COM(2010)2020, pag. 3

[9] Ibidem, pag. 6

[10] Ibidem, pag. 7

[11] Ibidem pag. 8

[12]             Decisione 2000/407/CE della Commissione del 19 giugno 2000.

[13] Ibidem pag. 9

[14] Ibidem, pag. 10

[15] Mid-term review of the Strategy for equality between women and men (2010-2015), SWD(2013) 339 final

[16] Comunicazione della Commissione “Maggiore impegno verso la parità tra donne e uomini. Carta per le donne” COM(2010)78

[17] Ibidem, pag. 2


L’Unione Europea come fulcro di irradiamento della libertà – Il ruolo del Parlamento

di  Guglielmo Trupiano

Come Roma è stata la punta di diamante dalla quale si irradiava la civiltà e l’estensione della cittadinanza alle altre popolazioni, i soci, così l’Unione europea è, attualmente, fulcro di irradiamento dei diritti civili e delle libertà a livello internazionale.

L’Unione europea opera su diversi fronti nel campo della pace e della salvaguardia della democrazia[1], sia all’interno che all’esterno delle proprie frontiere, attraverso determinati strumenti che estendono l’influenza europea a livello globale, proiettandosi su scenari geopolitici lontani, attraverso la Politica Estera Comune e lo strumento del SEAE, ma anche vicini, seguendo l’ottica del buon vicinato.

Secondo accreditate fonti di letteratura di settore, l’Unione europea è, effettivamente, uno dei migliori peacekeeper del mondo e questa considerazione si basa, in realtà, sulla scia della ragione stessa dell’Unione europea, ovvero la necessità di un’unione per superare la nefasta tradizione continentale di guerre. In un lasso di tempo relativamente breve, il Vecchio Continente è divenuto stabile, pacifico, volto alla cooperazione.

È sempre di estremo interesse valutare come lo stesso mito fondativo dell’Europa, ovvero il Ratto dell’omonimo personaggio femminile mitologico, nasca da una situazione di guerra – in questo caso di violenza – per poi concludersi poeticamente.

Da sempre, in realtà, in Europa sono stati studiati strumenti diplomatici per garantire una certa stabilità, come i matrimoni, ad esempio, tra le case reali, oppure i finissimi bilanciamenti di strategie sottese.

Oggi, l’Unione europea utilizza nuovi strumenti nei quali il Parlamento europeo svolge un ruolo di capillare monitoraggio e garanzia di stabilità ed equità, come per quanto riguarda il Servizio europeo per l’azione esterna, il SEAE[2], nato nel 2011 con il Trattato di Lisbona, per il quale il Parlamento a più riprese ha sottolineato la necessità che sia sottoposto al controllo politico e di bilancio ed ha anche richiesto la necessità di equilibrio geografico nelle sue assunzioni[3]; un altro caso è costituito dalle politiche di vicinato, con particolare riferimento al sostegno politico e finanziario nel caso della Primavera araba[4]. Altri casi di analogo impegno del Parlamento europeo[5] sul fronte del buon vicinato e dell’allargamento sono, ad esempio, l’EURONEST[6], iniziativa del Parlamento europeo che si configura come nuova assemblea parlamentare che permette di riunire i deputati al Parlamento europeo ed i membri del partenariato orientale o le spinte propulsive nei negoziati con la Turchia[7] e con l’ex Repubblica iugoslava di Macedonia[8].

Gli accordi commerciali sono ulteriori strumenti di diffusione dei valori democratici e, sempre in virtù del Trattato di Lisbona, è necessaria l’approvazione del Parlamento prima dell’entrata in vigore di accordi commerciali e di partenariato dell’UE con paesi o regioni extra-UE[9].

Il ruolo dell’UE nel mondo non si limita solamente a queste attività “classiche” o, ancora meglio, acclarate, di diplomazia e di geopolitica, in quanto l’UE svolge un ruolo capillare nella salvaguardia delle libertà civili anche attraverso ulteriori margini di azione, estendendo dunque il proprio influsso benefico anche nelle zone extra UE. È necessario partire dal presupposto, stabilito in un comunicato del 2 dicembre 2013, per il quale “Dal 2009, il Parlamento si è impegnato affinché chiunque viva nell’UE goda degli stessi diritti di base e della libertà di circolazione, sottolineando che la crisi economica e finanziaria non deve essere usata come pretesto per limitarli”[10]. Dunque, anche il fronte delle libertà civili, della privacy e della protezione dei soggetti più deboli, si configurano come tematiche che sono essenzialmente rivolte all’interno dell’Ue ma che hanno, a ben vedere, un influsso anche nella zona extra UE come, in primis, attraverso la prevenzione degli abusi on line e il perseguimento delle vittime minorenni con misure più severe, con un conseguente scoraggiamento nelle attività illecite e pedopornografiche[11].

Un altro grande settore dove l’impatto dell’UE nel mondo è imponente è la lotta alla tratta di esseri umani, specialmente nei campi dell’industria del sesso e dello sfruttamento della manodopera[12].

In un mondo sempre più globalizzato dove le interconnessioni sono ormai calcolabili solo attraverso algoritmi, l’UE si è imposta nel campo della “Protezione della privacy, dei dati personali e della libertà di Internet”, come definisce l’omonimo paragrafo del Comunicato[13]:

“La regolamentazione e limitazione della raccolta massiccia di dati personali da parte di social network, motori di ricerca e altri fornitori di servizi online e, nel contempo, la riduzione della burocrazia per le imprese hanno costituito una parte importante del lavoro del Parlamento per un cambiamento radicale delle norme sulla protezione dei dati nell’UE.

I deputati della commissione libertà civili hanno sostenuto una proposta che pone i possessori di dati personali al centro della nuova normativa, assicurando che questi sappiano esattamente quali informazioni personali sono raccolte e a quali scopi. I cittadini europei avrebbero inoltre il diritto a rettificare o cancellare i loro dati personali, mentre il loro esplicito consenso sarebbe necessario per consentirne qualsiasi trattamento.

Secondo i deputati, le sanzioni pecuniarie inflitte alle imprese che non rispettano le norme dovrebbero essere rese più severe (e ammontare a fino al 5% del fatturato annuo a livello mondiale).

I deputati hanno anche inserito nuove garanzie per i trasferimenti di dati verso paesi terzi al di fuori dell’UE. Se un governo non-UE chiede una società (ad esempio motore di ricerca, social network o fornitore di cloud) di rivelare informazioni personali trattati nell’UE, l’impresa dovrebbe chiedere l’autorizzazione all’autorità nazionale per la protezione dei dati prima di trasferire tutti i dati. L’azienda avrebbe anche informare l’interessato di tale richiesta.

Il Parlamento ha assunto inoltre l’iniziativa di aprire un’inchiesta approfondita sui programmi di sorveglianza degli Stati Uniti, tra cui le intercettazioni dei locali dell’UE e altre attività di sorveglianza svolte da Stati membri dell’UE.

Il Parlamento ha forzato la rinegoziazione di un Accordo con gli Stati Uniti sull’accesso ai dati personali dei passeggeri del trasporto aereo a maggio 2010 al fine di rafforzare la salvaguardia della privacy. Quando i passeggeri dell’UE viaggiano negli Stati Uniti, in Australia o in Canada, le Autorità di tali paesi hanno la possibilità di registrare dati quali nomi, indirizzi o numeri di carta di credito. I deputati al Parlamento europeo sono però riusciti a imporre limiti più rigorosi ai periodi di conservazione dei dati e migliori misure di tutela per evitare abusi. Per esempio, le Autorità non hanno accesso diretto alle banche dati dei vettori aerei.

Il Parlamento ha inoltre ottenuto modifiche a un Accordo con gli Stati Uniti sulla condivisione dei dati bancari, il “Terrorist Finance Tracking Program” (programma di controllo delle transazioni finanziarie dei terroristi, TFTP). A luglio 2010, 5 mesi dopo aver respinto l’accordo iniziale, i deputati hanno approvato nuove disposizioni per rafforzare la privacy e la protezione dei dati. È stata la prima volta che il Parlamento si è dimostrato forte e ha ottenuto modifiche all’accordo internazionale grazie ai nuovi poteri acquisiti nel 2009.

Il Parlamento europeo ha respinto l’ACTA, l’ Accordo commerciale anticontraffazione di alto livello sulla protezione internazionale del diritto d’autore in considerazione delle preoccupazioni sulla privacy e sulle limitazioni della libertà dei normali utenti di Internet che avrebbero persino potuto portare a sanzioni penali per la condivisione di film online. Si tratta del primo Accordo commerciale internazionale rifiutato dal Parlamento europeo in virtù dei nuovi poteri attribuitigli dal Trattato di Lisbona.

L’Unione europea si è inoltre impegnata per migliorare la protezione dei cittadini dai reati online, rendendo più severe le sanzioni contro i responsabili di attacchi informatici e chiedendo alle principali società di segnalare gravi violazioni dei dati nei loro sistemi”[14].

Tuttavia, l’Unione europea e, più in particolare, il Parlamento europeo, riempiono di contenuti questi principî democratici, attraverso una continua e permanente attività dedita alla “Promozione di diritti umani, democrazia e Stato di diritto”, come recita l’omonimo paragrafo nella cartella stampa “Commercio e affari esteri”:

“Il premio annuale Sakharov per la libertà di pensiero è diventato il più visibile simbolo della strenua difesa dei diritti umani e della democrazia da parte del Parlamento europeo. Nel 2011, è stato assegnato a cinque attivisti della Primavera araba, sottolineando l’importanza attribuita dal Parlamento europeo alle storiche rivolte nel Mediterraneo meridionale sin dal loro inizio. Nel 2012 il Premio è stato assegnato a due attivisti iraniani e nel 2013 a Malala Yousafzai, l’attivista pakistana per l’istruzione per le ragazze.

Grazie alle proprie azioni chiare e determinate nel campo dei diritti umani, il Parlamento europeo ha ottenuto una notevole visibilità nel mondo. Questo ha contribuito a mettere in evidenza e a fermare chiari casi di violazioni dei diritti umani perpetrate ai danni di individui e gruppi.

Nel corso della legislatura, il Parlamento europeo ha lavorato per promuovere i valori chiave dell’Unione europea mediante le sue 40 delegazioni presso i parlamenti di Paesi non appartenenti all’UE e le Assemblee parlamentari multilaterali. I deputati al Parlamento europeo hanno partecipato a oltre 30 missioni di monitoraggio elettorale nel mondo dal 2009, tra cui le elezioni generali in Sudan nel 2010, le elezioni dell’assemblea costituente in Tunisia nel 2011 e le elezioni parlamentari in Georgia nel 2012 , contribuendo a rafforzare l’adesione ai processi politici democratici, trasparenti, equi e liberi” [15].

Stando alla dichiarazione dei Presidenti dei Parlamenti dell’Unione europea di Copenhagen, 2006, “Lo sviluppo delle istituzioni parlamentari è sinonimo di democratizzazione e il loro corretto funzionamento è un requisito fondamentale della democrazia. Gli scambi tra i parlamenti rafforzano e consolidano la loro missione in ogni paese e contribuiscono alla diffusione dei valori democratici a livello mondiale. La cooperazione tra i parlamenti a diversi livelli di sviluppo costituisce quindi uno strumento fondamentale di promozione della democrazia”[16] ed è in questa “ratio” che deve essere inserito l’OPPD, l’Ufficio per la promozione della democrazia parlamentare che nasce nel 2008 alle dipendenze della Direzione generale delle Politiche esterne del Parlamento europeo. L’Ufficio sviluppa importantissime azioni di institution building e capacity building sulla scorta delle richieste dei parlamenti delle nuove democrazie che si rivolgono all’assemblea parlamentare comunitaria la quale persegue ed implementa queste azioni nel pieno spirito tipicamente europeo di condivisione delle best practices.

Come già citato, il premio annuale Sakharov[17] per la libertà di pensiero è la punta di diamante delle politiche esterne del Parlamento europeo nel campo della salvaguardia dei diritti civili, in primis quella della libertà di pensiero. È estremamente simbolico il nome di questo premio, nato nel 1988, conferito per la prima volta, a titolo postumo, a Nelson Rolihlahla Mandela e Anatoli Marchenko. Il premio è infatti intitolato all’inventore della bomba ad idrogeno, insignito del Premio Nobel per la Pace nel 1975, il quale combatté strenuamente per sensibilizzare al pericolo della corsa agli armamenti, ben conscio delle potenziali e conseguenti devastazioni, giungendo al Trattato sugli armamenti nucleari del 1963 e che fu considerato un dissidente sovversivo. Sakharov istituì un comitato per la difesa dei diritti dell’uomo e delle vittime delle persecuzioni politiche, divenendo uno dei simboli del coraggio e della forza per la salvaguardia dei diritti umani e della libertà di pensiero.

Ogni anno, in ricorrenza della data della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite del 1948, a Strasburgo una cerimonia solenne celebra il vincitore del Premio Sakharov che “riconosce l’impegno di personalità di spicco distintesi nella lotta contro l’intolleranza, il fanatismo e l’oppressione. Seguendo l’esempio di Andreï Sakharov, i vincitori del premio a lui intitolato testimoniano di quanto coraggio sia necessario per difendere i diritti dell’uomo e la libertà di espressione”, come spiega sempre il sito web dedicato, che riporta anche un’interessante carrellata dei vincitori dalla prima edizione del Premio sino ai giorni nostri[18]. Quest’anno l’edizione 2013 è stata conferita a Malala Yousafzai[19]: “Con l’assegnazione del premio Sacharov a Malala Yousafzai, il Parlamento europeo riconosce l’incredibile forza di questa giovane donna. Malala coraggiosamente sostiene il diritto di tutti i bambini a un’equa istruzione. Tale diritto è troppo spesso trascurato quando si tratta di ragazze” ha dichiarato Martin Schulz, come riportato dal sito web del Parlamento europeo, in un comunicato del 10 ottobre 2013, la vigilia della Giornata internazionale del Bambino e della Ragazza, come prosegue la medesima dichiarazione: “Domani, 11 ottobre, ricorre la Giornata internazionale del bambino e della ragazza e vorrei ricordare che circa 250 milioni di ragazze nel mondo non possono recarsi liberamente a scuola. L’esempio di Malala ci ricorda i nostri doveri e la responsabilità per il diritto all’istruzione dei bambini. Questo è il miglior investimento per il futuro”[20].

Il Premio Sakharov è dunque uno degli elementi più visibili dell’azione dell’UE e, più in particolare, del Parlamento europeo, che sintetizza la poliedricità di quest’ultima istituzione. Il significativo video del Parlamento europeo, dedicato al premio e creato in occasione della campagna informativa delle elezioni, ricorda: “Siamo tutti difensori di diritti umani. Da 25 anni il Parlamento europeo è in prima linea nella difesa di questi diritti fondamentali”[21], evidenziando dunque come, sostenendo il Parlamento europeo, ogni attività, azione, strategia, politica, premio, rivolti alla salvaguardia dei diritti umani ed all’aumento dell’influenza dell’UE nel mondo per raggiungere acquis comunitari, sia anche merito di ogni singolo cittadino dell’UE.

È anche per questo che è importante esercitare il proprio diritto di voto alle elezioni al Parlamento europeo, specchio del cuore dell’Europa. I cittadini europei, attraverso la propria assemblea rappresentativa, possono contribuire al mantenimento della stabilità, della pace e della promozione dei diritti civili e della libertà di pensiero che, in primis, ha contribuito a rendere questo piccolo Continente il crogiolo delle intelligenze che hanno portato all’avanzamento dell’umanità e allo sviluppo delle istituzioni democratiche.

 



[4] “Commercio ed affari esteri”, pag. 3

[5] ibidem

[9] Commercio ed affari esteri”, pag. 2

[11] Ibidem

[12] Ivi

[13] Ibidem, pag. 2

[15] Ibidem

[19] “Malala Yousafzai, la studentessa sedicenne di Mingora nel distretto di Swat, in Pakistan, è salita alla ribalta per la sua battaglia per i diritti delle donne nella valle dello Swat, dove il regime talebano ha vietato alle ragazze di frequentare la scuola” spiega il Parlamento europeo in un comunicato stampa http://www.europarl.europa.eu/pdfs/news/expert/infopress/20131009IPR21810/20131009IPR21810_it.pdf

Si consiglia anche il video http://www.youtube.com/watch?v=KoJv6nQt4WE&feature=youtu.be