Categoria: Europe Direct : EPE Wolf

L’Unione europea oltre i suoi confini: la tutela diplomatica nei Paesi terzi

di Roberta Capuano


Il riconoscimento della cittadinanza europea ha dato un rinnovato slancio al processo di costruzione dell’identità europea, nutrendo la coscienza dei singoli cittadini degli Stati membri e consolidando il senso di appartenenza ad una realtà ben più estesa della nazione.

Nel 1992 a Maastricht nasceva una nuova dimensione della cittadinanza europea che rafforzava il vincolo implicitamente esistente fra i cittadini degli Stati membri e dava rilievo formale alla figura giuridica in questione. Tale riconoscimento non rappresenta una novità assoluta, dato il precedente sancito alla nascita della CE con l’affermazione del principio di non discriminazione in base alla nazionalità, cioè l’equiparazione di trattamento fra i cittadini nazionali e gli stranieri che è un privilegio mutuato dal diritto internazionale; in Europa però assurge a principio fondamentale del sistema[1].

Con l’entrata in vigore del Trattato di Maastricht, insieme ad un primo blocco di diritti, viene riconosciuto il diritto alla protezione diplomatica e consolare quale corollario della cittadinanza europea. Collocata originariamente nell’articolo 8C del Trattato della Comunità europea, la norma è stata rettificata nella successiva modifica del Trattato di Amsterdam del 1997 che ha cambiato l’art. 8C nell’art. 20 TCE, ed è rimasta invariata fino all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona. Dopo Lisbona, è stato confermato ed ampliato il ruolo dei cittadini europei, i quali beneficiano di uguale attenzione da parte delle sue istituzioni, organi e organismi; questa disposizione ha valore di norma a carattere generale, vuoi relativamente al principio di non discriminazione in base alla nazionalità, vuoi riguardo al diritto di tutela diplomatica allorché si trovino fuori dall’Europa. La prima osservazione da fare, che può apparire scontata, è che ogni cittadino europeo, in ogni Stato membro, non può essere considerato straniero ma è cittadino di un altro territorio della medesima Unione.  Non è scontata se si pensa che, a tutt’oggi, buona parte dei cittadini europei non ha piena consapevolezza dei diritti connessi alla cittadinanza e riconosciuti dall’Unione e ignora che tra questi vi sia il diritto alla protezione diplomatica e consolare nei paesi terzi da parte delle autorità competenti degli Stati membri, diversi da quello di appartenenza:

Ogni cittadino dell’Unione gode, nel territorio di un paese terzo nel quale lo Stato membro di cui ha la cittadinanza non è rappresentato, della tutela da parte delle autorità diplomatiche e consolari di qualsiasi Stato membro, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato[2].

L’istituzione della cittadinanza europea delinea la specificità dell’Unione e, strettamente legato ad essa, l’istituto della protezione diplomatica ne enfatizza il carattere più propriamente esclusivo sottolineando il ruolo internazionale, esterno quindi alla Unione europea.

La protezione diplomatica e consolare è figura derivante dal diritto internazionale ed ha una storia tutt’altro che recente.  La necessità per gli Stati di instaurare e mantenere relazioni amichevoli a livello internazionale risale a tempi remoti. Il canale abituale, attraverso il quale si realizzano effettivamente ed è possibile gestire tali rapporti fra soggetti di diritto internazionale, è quello delle relazioni diplomatiche.

Non si può negare che l’Unione spesso si allontana dalla tradizionale connotazione internazionalistica della organizzazione di Stati e agisce piuttosto come fosse uno Stato; e il carattere assolutamente esclusivo ed innovativo dell’intera Unione è sottolineato dall’istituto della protezione diplomatica relativamente alle prerogative legate allo status di cittadino UE.

Il diritto previsto a livello europeo, pur attingendo da esso, si differenzia dall’istituto previsto nel diritto internazionale classico. Nell’ambito di quest’ultimo, la protezione diplomatica e consolare viene fornita dallo Stato di appartenenza del cittadino ed è competenza discrezionale e appannaggio esclusivo di esso; ovvero al cittadino è garantita la protezione del proprio Stato d’origine nel caso di lesione dei propri interessi subita, a seguito di azione od omissione, da parte del Paese ospitante in violazione di una norma di diritto internazionale.

Il cittadino europeo ha invece il diritto di essere protetto da qualunque altro Stato membro dell’Unione qualora lo Stato di origine non fosse rappresentato in un territorio al di fuori dei confini europei. Ciò significa che ogni cittadino europeo, che si trovi in una situazione di disagio in un paese terzo e non possa essere tutelato dal proprio Stato di appartenenza, ha il diritto di rivolgersi al consolato o all’ambasciata di altri Stati membri dell’UE per ricevere adeguata tutela.

Si tratta quindi di un istituto eccezionale non sovrapponibile completamente ai modelli conosciuti: il diritto UE alla tutela diplomatica e consolare infatti presenta, accanto ad alcuni richiami al passato[3], delle evidenti differenze che vanno ad arricchire sia l’istituto stesso sia la specificità dell’Unione europea cui è adattato; si inserisce perfettamente sulla scia dell’attribuzione di nuove prerogative soggettive in materia di protezione e tutela dei diritti in virtù della riconosciuta centralità della persona negli ordinamenti giuridici.

Esaminando la ratio della norma si possono individuare alcuni punti fermi: innanzitutto è necessario avere la cittadinanza europea; bisogna trovarsi in uno stato non europeo in cui il proprio Stato d’origine non sia rappresentato da autorità diplomatiche e consolari; bisogna richiedere la tutela alle autorità diplomatiche e consolari di qualsiasi altro Stato membro rappresentato a condizione di reciprocità e senza discriminazioni. Il dato più rilevante è che domandare e ricevere la protezione UE non richiede necessariamente una lesione ai danni del cittadino da parte dello Stato terzo ma è sufficiente essere in una situazione di emergenza e di necessità, anche in situazioni di quotidiana e ordinaria difficoltà, per poter richiedere ed ottenere la tutela diplomatica da parte della autorità competente di qualsiasi altro Stato membro presente sul territorio[4].

Si può evidenziare il carattere sussidiario di tale protezione, poiché interviene soltanto in assenza di una sede diplomatica e consolare dello Stato d’origine del soggetto in un paese terzo; è inoltre una protezione mediata dal momento che la tutela viene offerta dalla rappresentanza diplomatica o consolare di uno Stato membro e non da organi propri dell’Unione europea[5].

L’istituto solleva molteplici questioni: se da un lato è chiaro che il cittadino europeo gode della tutela e ha diritto a reclamare la protezione, dall’altro la norma è meno esaustiva per quanto concerne il dovere dello Stato membro di accordarlo. Ciò è dovuto anche al fatto che tra la protezione diplomatica e l’assistenza consolare sussistono differenze strutturali che dovrebbero essere chiarite: le ambasciate si trovano di solito nelle capitali degli Stati, mentre gli uffici consolari oltre ad essere presenti nelle capitali, anche nelle stesse ambasciate, sono disseminati nel territorio nazionale in rapporto alle esigenze dello Stato accreditante, ma con il consenso dello Stato accreditatario. Si stima che circa il 9% dei cittadini dell’Unione europea che viaggiano al di fuori dell’UE si reca in paesi terzi in cui il proprio Stato membro non ha una rappresentanza consolare o diplomatica. Inoltre, dalle legislazioni e dalle prassi dei vari paesi, è emerso che ciascuno Stato membro ha leggi consolari che differiscono dagli altri e pertanto il livello di tutela, offerto ai cittadini UE che si trovano in difficoltà in paesi extraeuropei, può variare a seconda dello Stato a cui ci si rivolge. A tal proposito, la Commissione lavora a proposte di legge volte a garantire maggiore certezza giuridica sull’ambito di applicazione, sulle condizioni e le procedure di tutela; in particolare, ha proposto l’introduzione di una clausola di consenso nei futuri accordi bilaterali con paesi terzi in base alla quale le autorità consolari e diplomatiche di uno Stato membro rappresentato possano prevedere la protezione ai nazionali di Stati membri non rappresentati, alle stesse condizioni dei propri nazionali[6]. In questa direzione andava l’adozione da parte della Commissione, già nel 2006, di un Libro Verde sulla protezione diplomatica e consolare, che affronta una serie di tematiche quali la creazione di uffici comuni per diminuire i costi delle rappresentanze degli Stati membri, l’estensione della protezione consolare ai familiari dei cittadini europei di paesi terzi, la formazione di funzionari delle Istituzioni comunitarie e degli Stati membri.

Nel Programma di Stoccolma, tra le priorità dell’Unione per prepararsi alle sfide future a livello europeo e globale, emerge l’attenzione posta sulla protezione nei paesi terzi sia per quanto riguarda l’effettivo godimento del diritto alla tutela, sia per un generale rafforzamento della dimensione esterna delle politiche europee in materia di libertà, sicurezza e giustizia soprattutto nelle relazioni con paesi terzi, attraverso una serie di accordi e partenariati.

Il diritto UE alla protezione diplomatica e consolare esalta la dimensione esterna della stessa cittadinanza europea, dimensione che si fonda sul principio di solidarietà e di identità europee oltre i confini dell’Europa stessa. Da un punto di vista giuridico, è certo che l’esperienza derivante dalla prassi dell’Unione determinerà un’evoluzione necessaria delle fattispecie normative attuali e il progressivo miglioramento della protezione diplomatica che è l’istituto perno del diritto internazionale. 



[1] L.S. ROSSI, I cittadini, in: L’incidenza del diritto comunitario sul diritto privato, Torino, UTET, 2006 p. 103

[2] art. 20 TCE, ora art. 23 TFUE che continua nel modo seguente: «Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie e avviano i negoziati internazionali richiesti per garantire detta tutela.
Il Consiglio, deliberando secondo una procedura legislativa speciale e previa consultazione del Parlamento europeo, può adottare direttive che stabiliscono le misure di coordinamento e cooperazione necessarie per facilitare tale tutela».

[3]La norma dell’Unione richiama la protezione diplomatica “delegata” già prevista nelle Convenzioni di Vienna sulle relazioni diplomatiche (1961) e consolari (1963). Essa prevede, acquisito il consenso dello Stato accreditatario, la possibilità di delegare ad un altro Stato la gestione e la protezione di taluni interessi nazionali. Vero è che nelle Convenzioni la delega ha un carattere eccezionale sollecitato da eventi particolari, quali ad esempio, la rottura o la sospensione delle relazioni diplomatiche, laddove nel Trattato sull’Unione europea la previsione si mostra come la regola e non l’eccezione (Massimo Fragola).

[4] M. Fragola, Cittadinanza europea e protezione diplomatica dei cittadini UE all’estero, Relazione presentata al Convegno “Diritti fondamentali, cittadinanza europea e tutele giuridiche sovranazionali”, Roma, 23 novembre 2009.

[5] G. Gianna in Varia del 14 aprile 2011 su LeggiOggi.it-Quotidiano giuridico politico economico 

[6] Ibidem

L’Europafest (8 e fine)

di Carmen Stellato

8. Finora sono state analizzate in maniera dettagliata quali sono le caratteristiche, la strategia operativa, l’organizzazione e la gestione che fanno dell’Europafest uno degli eventi di Berlino di forte interesse culturale e di richiamo internazionale, rivestendo un ruolo importante nello scenario dell’Europa unita. Avendo tra i suoi stakeholders primari diverse istituzioni dell’Unione Europea (prima fra tutte la rappresentanza della Commissione europea in Germania) e presiedendo all’evento ogni anno personalità politiche di spicco della politica europea, il FEZ ha dimostrato e dimostra di avere un forte peso nella vita culturale ed educativa della città e regione di Berlino.

(composto da tutte le persone coinvolte nell’event management, fin dalla fase di ideazione), partner e sponsor (che collaborano all’attuazione del progetto fornendo risorse materiali, immateriali o economiche), i fornitori (che forniscono prodotti e servizi dietro pagamento), i partecipanti, l’ente promotore. Stakeholders secondari sono invece: le istituzioni locali, la comunità ospitante (non solo residenti, ma anche esercizi commerciali, ristoratori, alberghi, cioè tutti coloro coinvolti nel sistema economico-produttivo del territorio in cui ha luogo l’evento), le imprese dei servizi pubblici (ad es. trasporti, parcheggi, ecc.) e dei servizi di emergenza.

A questo punto del lavoro, attraverso un’accurata SWOT Analysis, ci si è proposti di analizzare quali sarebbero le forze, debolezze, minacce ed opportunità che si presenterebbero nel tentativo di implementare l’Europafest in Italia, anche facendo un confronto su quelle che sono le iniziative realizzate in Italia in occasione della Festa dell’Europa.

Opportunità-forze:

  • L’Italia, data la presenza di numerosi spazi all’aperto di forte interesse culturale, offre la possibilità di realizzare l’evento in una location all’aperto, eliminando, tra l’altro, il problema di trovare una struttura adeguata ed enorme in grado di ospitare numerose attività e visitatori e di abbattere eventuali costi di locazione. È possibile, inoltre, pensare ad una soluzione di questo tipo in quanto le condizioni meteorologiche sono generalmente favorevoli nel periodo considerato (inizio Maggio).
  • La presenza di numerose strutture di accoglienza, ricettive ed alberghiere, permette ai potenziali visitatori di alloggiare nelle vicinanze del luogo dell’evento.
  • L’interesse culturale della collettività insieme ad una partecipazione attiva della popolazione derivante da una forte consapevolezza che la cultura può costituire un valido strumento per la ripresa economica del Paese rappresenta senz’altro un punto di forza in quanto si verrebbe ad attivare una piena collaborazione tra i cittadini e l’organizzazione.
  • Ulteriore punto di forza potrebbe essere la presenza, sull’intero territorio nazionale, di numerose associazioni, enti ed organizzazioni culturali con le quali sarebbe ipotizzabile una collaborazione. Dal momento che le finalità dell’evento sono di carattere educativo e formativo, lo stesso discorso può valere per le scuole.
  • Qualora l’evento dimostri di ricoprire un ruolo importante nella vita culturale del Paese non è da escludere, col passare degli anni, l’inizio di una collaborazione con istituzioni politiche dell’Unione Europea ed ambasciate e quindi poter beneficiare di fondi.
  • La realizzazione dell’evento potrebbe costituire un momento di apertura verso nuovi modi di concepire l’educazione e la formazione, e quindi di rinnovare ed innovare certe metodologie.

 

Opportunità-debolezze:

  • L’assenza, sul territorio nazionale, di enti o associazioni che hanno come obiettivo l’educazione e la formazione di bambini e ragazzi, e che non siano delle scuole, costituisce da un lato una debolezza, in quanto non si ha coscienza di un’educazione extra-scolastica, dall’altra può rappresentare un’opportunità perché costituisce una “novità”. Lo stesso discorso vale per l’assenza di enti o organizzazioni che propongono attività di svago e divertimento (ma allo stesso tempo formative) per tutta la famiglia.
  • Un discorso analogo va fatto per l’assenza di proposte culturali, luoghi fisici ed eventi il cui target di riferimento sia costituito da bambini, ragazzi e famiglie esclusivamente e simultaneamente. Esistono luoghi dove bambini e giovani possono incontrarsi, svagarsi, divertirsi, fare conoscenza, svolgere attività ricreative, sportive e culturali, ma non luoghi dove è previsto farlo con l’intera famiglia (se non vogliamo considerare ludoteche e parchi). Ciò è dovuto probabilmente ad un atteggiamento diverso: in Italia, sebbene la famiglia sia stata e rimane un valore molto importante, si tende a trascorrere poco tempo con i propri figli e quando avviene lo si fa “autonomamente”, forse proprio per la mancanza di eventi e proposte in grado di offrire numerose attività di diversa natura e in un unico spazio. Tale situazione può costituire una vera opportunità.
  • L’idea, fortemente radicata in Italia, che la formazione dei bambini e dei giovani spetti esclusivamente alla scuola costituisce una vera e propria debolezza; nonostante ciò essa può essere sfruttata come un’opportunità proprio perché sono poche le proposte di formazione culturale di natura non scolastica.
  • Attualmente la conoscenza dei giovani sull’Unione Europea e sui temi ad essa connessi è limitata a poche nozioni (apprese a scuola) o a propria cultura generale. Ciò evidenzia una debolezza nel sistema d’istruzione e formazione del nostro Paese non ad educare i giovani ai temi dell’Unione Europea ma anche, e soprattutto, a sviluppare in loro la coscienza di appartenere ad una comunità europea: se l’Italia è uno Stato membro dell’Unione Europea lo sono anche i suoi cittadini. Un evento come l’Europafesta potrebbe indubbiamente dare l’input necessario a sviluppare tale consapevolezza e a formare i giovani (ma non solo) nell’ottica europea. Tale discorso va esteso anche (e soprattutto) agli adulti.
  • Scarsità di iniziative per festeggiare la Festa dell’Europa (9 Maggio).

 

Minacce-forze:

  • Se da un lato la numerosità degli eventi di intrattenimento può costituire una minaccia in quanto l’Europafest potrebbe essere erroneamente confuso con essi, dall’altro lato essa può essere trasformata in un punto di forza per l’organizzazione grazie ad un buon piano di promozione e comunicazione capace di metterne in luce i caratteri distintivi.
  • Le iniziative sul tema Europa attualmente esistenti nel panorama nazionale rivolgono una particolare attenzione alle proposte per un pubblico adulto e istruito, costituendo una minaccia per l’organizzazione la quale dovrà essere capace di distinguersi e sviluppare un programma che costituisca il punto di forza dell’evento.
  • La scarsa conoscenza dei potenziali visitatori sulle tematiche europee costituirebbe una minaccia solo per le prime edizioni.

 

Minacce-debolezze:

  • Nel caso in cui l’organizzazione non fosse in grado di attuare un efficace ed efficiente piano di comunicazione e di promozione, la presenza di eventi dalle tematiche diverse da quelle proposte dall’Europafest potrebbe costituire una minaccia e trasformarsi in una debolezza.
  • L’assenza di organizzazioni di natura simile al FEZ potrebbe indurre a confondere la natura dell’evento. In Italia, infatti, un’organizzazione come quella del FEZ potrebbe essere confusa con un centro di assistenza sociale per famiglie disagiate, o con una ludoteca, un parco dei divertimenti.
  • Un punto di debolezza potrebbe essere rappresentato anche dalla dipendenza da sponsor e fondi privati qualora l’organizzazione non riuscisse ad emergere e a creare una forte rete di alleanze.
  • La presenza di una rete di trasporti pubblici poco efficiente può senz’altro impedire il facile e veloce raggiungimento del luogo dell’evento andando ad incidere sui sacrifici sostenuti dai potenziali visitatori.

 

Da un’accurata ricerca è emerso che gli eventi realizzati in occasione della Festa dell’Europa del 9 Maggio sono, come ribadito più volte sopra, piuttosto pochi. Facendo riferimento all’anno in corso, il sito ufficiale della rappresentanza della Commissione europea in Italia riporta i seguenti eventi come principali:

  1. “Festival d’Europa”, a Firenze, dal 7 al 12 Maggio,con numerosi workshop, conferenze, mostre, spettacoli, ecc. ;
  2. “Festa dell’Europa 2013 – Un viaggio nella tua cultura”, a Milano il 10 Maggio, al Teatro Franco Parenti ha presentato una serie di iniziative dedicate agli studenti e a tutti i cittadini. L’evento è stato realizzato dall’Ufficio di informazione del Parlamento europeo a Milano e dalla rappresentanza a Milano della Commissione europea con il patrocinio del Comune di Milano e dell’Ufficio scolastico per la Lombardia e prodotto dall’associazione culturale no-profit Ragnarock;
  3. “Festa dell’Europa 2013 – Un viaggio nella tua cultura”, a Roma il 10 Maggio. Quattro sale del museo MAXXI (Museo nazionale delle arti del XXI secolo) di Roma, intitolate a quattro grandi politici e statisti europei (Winston Churchill, Altiero Spinelli, Konrad Adenauer e Alcide De Gasperi) sono state allestite e dedicate a cinema, musica, visual art, teatro e letteratura ed hanno ospitato gli studenti di trenta classi delle scuole superiori per parlare attraverso l’arte dei valori su cui si fonda l’Unione Europea. Inoltre gli studenti Erasmus in Italia hanno incontrato gli studenti delle scuole superiori per raccontare la loro esperienza, ed un desk informativo di Parlamento europeo, Commissione europea e Dipartimento per le politiche europee è stato messo a disposizione di tutti gli studenti per informare sui programmi dell’Unione Europea che favoriscono la mobilità e l’apprendimento. È stata prevista anche un’attività per le famiglie: il fumettista Maurizio Ribichini ha coinvolto, attraverso il disegno e il colore, adulti e bambini nella realizzazione di un grande puzzle dell’Europa.

Tra i tre grandi eventi realizzati in occasione della Festa dell’Europa in Italia e qui proposti, il Festival d’Europa di Firenze sembra essere l’unico idoneo per poter avviare un’analisi di confronto con l’Europafest.

Innanzitutto si tratta di due eventi internazionali, quindi Grandi Eventi, in quanto entrambi attirano visitatori non solo dalla città in cui essi sono realizzati ma anche dalle regioni confinanti e da Paesi esteri e ottengono una notevole attenzione dai media.

La prima differenza riguarda l’”età”: il festival fiorentino è infatti alla sua seconda edizione mentre quello berlinese è alla sua nona edizione.

La seconda differenza riguarda la durata: due giorni a Berlino e cinque a Firenze.

Per quanto riguarda i contenuti, il festival di Firenze ha previsto diverse aree tematiche: cultura, didattica, economia, istituzioni, partecipazione, spettacoli, università, con attività quali gare sportive, concerti, workshop, open day, mostre, info-point, proiezioni di film, conferenze, seminari, dibattiti, spettacoli di teatro e di danza, open school e visite guidate, lezioni e mostre fotografiche e per finire la “Notte blu” , ossia 27 ore (una per ogni Paese membro) dedicate all’Europa, alle sue culture e alle sue tradizioni. La location è tutta la città di Firenze: Stadio Luigi Ridolfi, Palazzo Vecchio, Palazzo Medici Riccardi, Palazzo Rucellai, Piazza delle Murate, Piazza della Signoria, Museo nazionale Alinari della fotografia, Piazza della Repubblica, ecc. . Da questo punto di vista entrambi gli eventi propongono attività che abbracciano numerose e diverse tematiche; a differenziarli è forse l’approccio: più tradizionale a Firenze, più interattivo e innovativo a Berlino. Il secondo sembra essere pensato più per bambini e famiglie, mentre il primo si rivolge ad un pubblico più adulto, o comunque giovane, limitando l’offerta per le fasce d’età più basse.

Quanto alle collaborazioni il Festival d’Europa 2013, la cui progettazione e coordinamento appartiene alla Fondazione Sistema Toscana, ha visto come promotori la Regione Toscana, il Comune e la Provincia di Firenze e l’European University Institute. Ha goduto della collaborazione della rappresentanza della Commissione europea in Italia, l’Ufficio di informazione del Parlamento europeo in Italia, la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le politiche europee in collaborazione con il Ministero degli Affari esteri, la Camera di commercio di Firenze, l’Università degli Studi di Firenze, il Movimento federalista europeo, l’Agenzia LLP Italia/Indire, mentre tra i media partner vi erano intoscana.it, presseurop, La Nazione, controradio e digitalculture. Anche il festival fiorentino gode di una forte rete di alleanze non solo con partner locali ma anche con istituzioni europee.

La differenza tra i due sta nella scelta del target e di conseguenza nell’offerta. Il festival fiorentino, tuttavia, rappresenta attualmente l’unico grande evento realizzato in Italia in occasione della Festa dell’Europa e che ha tutte le carte in regola per poter reggere un confronto con il (quasi) decennale Europafest.

9. Cosa succederebbe, allora, se un evento come l’Europafest venisse trasportato nella realtà italiana? Ma ancor prima: è possibile fare questo tentativo?

Il tentativo è certamente possibile, non c’è nessuna condizione che lo impedisca. Tuttavia ci sono alcuni fattori che potrebbero costituire un ostacolo all’implementazione dell’Europafest in Italia: il ruolo della cultura nell’economia del Paese, il concetto di educazione e formazione culturale, il modo di concepire un evento in occasione della Festa dell’Europa presentano delle differenze rispetto a quanto avviene in Germania.

Innanzitutto la cultura quale valido strumento per lo sviluppo economico del Paese è un concetto che in Italia stenta a trovare una realizzazione pratica. Basti pensare a quanti siti di interesse culturale si trovano e rimangono in stato di degrado nonostante le proposte di intervento (soprattutto di cittadini, studenti ed associazioni culturali) e i fondi messi a disposizione. L’Italia vanta un patrimonio culturale con il quale, ad avviso di chi scrive, pochissimi altri Paesi possono competere ma non è in grado (o non vi è la volontà) di fare in modo che anch’esso diventi parte integrante dell’economia e dello sviluppo del Paese.

In secondo luogo il concetto di educazione e formazione culturale nel nostro Paese è fortemente legato ai metodi tradizionali d’insegnamento e didattica; in questo modo la formazione e l’educazione di bambini e ragazzi avviene principalmente in ambito scolastico, senza prevedere modalità di apprendimento in istituzioni extra-scolastiche.

L’ultimo aspetto racchiude i precedenti: data la diversità di concepire la cultura e l’educazione e formazione culturale, un evento come l’Europafest rischierebbe di non avere gli strumenti a disposizione per poter essere un’esperienza di successo. Il Festival d’Europa di Firenze è l’unica iniziativa di grande richiamo ad essere organizzata in Italia in occasione della Festa dell’Europa. Come è emerso anche dal confronto tra i due eventi vi sono alcuni punti in comune quali la varietà e la numerosità delle proposte e dei temi, il target ampio (non solo adulti ma anche bambini e giovani), la collaborazione con le istituzioni europee e la presenza di rappresentanti politici europei, il supporto di partner e sponsor, il gran numero di visitatori provenienti non soltanto dai territori limitrofi ma anche dall’estero, l’attenzione dei media. Tuttavia il festival fiorentino predilige proposte quali workshop, seminari, conferenze, mostre, dibattiti, incontri, spettacoli di danza e teatro, concerti mentre l’Europafest è quasi esclusivamente incentrato sull’interattività e compartecipazione, invogliando e stimolando tutti i visitatori, anche coloro ai quali un’attività potrebbe non interessare. Inoltre il target del Festival italiano, sebbene sia costituito da pubblico appartenente alle diverse fasce d’età, predilige un pubblico giovane/adulto se si considera che quasi tutta l’offerta è interessante per questo tipo di visitatore mentre solo una piccola parte è destinata ai bambini e alle famiglie.

Implementare l’Europafest in Italia potrebbe dunque essere un rischio. Da un lato potrebbe rivelarsi un fallimento in quanto si tratterebbe di un prodotto offerto in una realtà non pronta ad accoglierlo; per quanto in Italia sia aumentata l’attenzione allo sviluppo di una coscienza e di un senso di appartenenza all’Unione Europea c’è ancora poca informazione per i cittadini sulle tematiche europee e le opportunità che l’Unione Europea offre, ma anche poca importanza alla figura del bambino (mentre in Germania si da estrema importanza ai bambini e ai giovani).

Dall’altro lato trasporre quel tipo di evento nel nostro Paese potrebbe costituire una vera e propria novità e rivelarsi un’opportunità per la nascita e lo sviluppo di realtà come il FEZ-Berlin e l’organizzazione e promozione di nuovi eventi culturali capaci di attirare nuovi tipi di pubblico attraverso proposte culturali innovative.

Il presente lavoro non costituisce di certo un punto d’arrivo ma ha voluto offrire una serie di stimoli per riflettere sul tema della gestione degli eventi culturali oggi numerosissimi nel panorama nazionale ed estero ed essere lo spunto per apportare novità in questo settore in Italia, ma ancor prima nel modo di concepire il ruolo della cultura e la formazione culturale nel nostro Paese.