di Redazione |
Bruno Brillante racconta delle ciliegie del Capo di Posillipo, vecchi racconti per rivisitare la città rammemorando la diversità del passato: ma nella pagina Facebook indica anche come partecipare alle gite a piedi in città che riscoprono campagne e agriturismi che rievocano antiche colture.
“Ho mangiato le ciliegie del Capo di Posillipo. Le portava in casa d’un amico un contadino che coltivava una terra che, unita poi ad altre divenne il Parco della Rimembranza. Ciliegie che sembravano lucidate come un corallo di Torre del Greco. Non c’era ancora il ponte che ora unisce via Alessandro Manzoni con il Parco. Via Manzoni aveva un percorso più breve, il suo nome finiva ai margini di altre campagne vigneti e agrumi. Dove ora gira il ponte si chiamava la montagna spaccata. Un sentiero incassato tra la collina e la sua ultima propaggine che a picco scendeva sul mare e raggiungeva Coroglio, una spiaggia pressoché sconosciuta e deserta. Un tram, il numero 1, si partiva da piazza Trinità Maggiore: il più lungo percorso tranviario della città, ma, poco più che a mezza strada, a Palazzo Donn’Anna, il tram aveva smaltito quasi tutti i viaggiatori: al capo arrivavano il manovratore e il bigliettaio. Di sera qualche coppia di innamorati. Il contadino di Posillipo non faceva affidamento sul numero 1 e veniva in città con un cavallino. Percorreva tratti di strade e sentieri allora sconosciuti: S. Strato, il Marzano, Villanova. Col cavallino incrociava un tram a cavalli che recava sull’imperiale la scritta: Montesanto – Torre Ranieri. Tram polveroso con un cocchiere sonnolento che affidava ai cavalli il compito di raggiungere quella meta, non meno favolosa del capo di Posillipo: Torre Ranieri. (Mauro Nazzaro)
Questi luoghi, non essendo ancora edificati come oggi il Vomero e l’Arenella, era considerato, dice il settecentesco Celano, alla Collina di Posillipo: “Nelle spalle, Napoli ha il fertile monte di Posillipo, che principia come si disse, dal castello di S. Eramo, o, col volgo, di S. Ermo, sotto la chiesa e il monisterio de’ Certosini. Il questo monte, dalla parte di Oriente, par che la natura di continuo stia con attenta fatica studiando per mantenerlo sempre verde e sempre in fiore; essendo che in questo in ogni tempo, e sia pure nel più orrido dell’inverno, vi si lavorano mazzetti di fiori freschi”.
W MM Bruno Brillante nella sua pagina la vecchia Napoli d’oggi
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