di C. Gily
Un breve editoriale, le sciagure dell’anno ve le riporta subito l’articolo di Giarritiello che segue questo, che induce alquanto a ricordare quanti diffidano dell’anno bisestile.
Speriamo abbiano ragione, ma certo il 2013 si presenta forse peggio dell’anno scorso: la redazione vuole solo ricordare che c’è stato in quest’anno un grande cambiamento di stile, estremamente positivo – e che le tasse erano indispensabili. Ciò perché si è scatenata contro il premier Monti lo stesso attacco frontale che abbiamo visto contro Berlusconi. Le galline di qua, i tacchini di là: il quadro politico era tanto terribile da scoraggiare gli utenti di tv, come dice giustamente lo stesso Giarritiello in un altro articolo che constata come ciò si vada ripetendo oggi.
Il premier Monti può avere tutti i difetti di questo mondo, ma occorre ricordare che aveva già un piede nella Presidenza della repubblica appena un mese fa, che avrebbe potuto accettare un ruolo che lo faceva passare alla storia, e che ci ha già rinunciato con piena coscienza di quel che faceva. Perché, a mio avviso, ha capito che con un Parlamento simile al passato non c’è ninete che possa mutare il decorso dell’Italia. E questo, che molti italiani pensavano da tempo rinunciando a votare – sono il primo partito italiano ancora – è un tratto di merito indiscutibile, qualsiasi probabile sconfitta segua questa scelta.
Inoltre, tutti hanno constatato in una settimana il grande guadagno del suo ricominciare a parlare alla testa della gente e non alla sua pancia, tacitando in quel breve tempo galline e tacchini – persino la Mussolini! Purtroppo, appena caduto il suo governo, sono ritornate le neo-santanché, le cosiddette amazzoni della destra che sono per lo più non donne e nemmeno femmine (la differenza c’è e va sottolineata, donna viene da domina, non da guerriere molto simili ai maschi nel cuore e quasi mai nelle armi). Tutti ricominciano a parlare alla pancia, costringendo persino il premier, per non scomparire, a fare qualche concessione – ma il suo stile resta lo stesso, molto inglese, molto basato sull’understatement, sulla diminuzione del proprio potere e non sull’arroganza. Il pericolo dei due stili permane, si uccide di botte e di fioretto: ma il fioretto consente apprendimento, abilità, capacità di rispettare regole, di dare spazio agli avversari e soprattutto di permettere a chi guarda cosa si gioca e come si gioca. Insomma, di ragionare e non espettorare. È il gioco regolato della politica che si gioca negli altri paesi, l’autentico metodo liberale, che partì nel primo Ottocento dalle lettere d’informazione che i Tractarians mandavano a chi pensavano potesse essere interessato. Fu lo stile di Mazzini, che fondava giornali ad ogni chiaro di luna convincendo Italia ed Inghilterra delle sue idee – e Mazzini è padre anche di Carlo Rosselli e del suo Socialismo liberale, di De Ruggiero e della sua “Nuova Europa” di Salvatorelli– democrazia liberale che conquistò anche Mario Pannunzio. Modelli molto vicini al presente ma disconosciuti nell’anima.
Speriamo che questa vittoria civilizzatrice possa continuare, anche in caso di sconfitta politica di un tentativo generoso ma anche molto isolato, al momento. Sicuramente, ha ridato la speranza di poter avere in Italia una politica ispirata alla mediazione, la vera natura della politica, non alla logica amico-nemico di Schimdt, tanto bene esaltata ed importata prima dalla Lega e poi dal Popolo della libertà: ricordando che anche nella tirannide c’è la libertà, del tiranno e della sua aristocrazia.
Perciò anche il nostro piccolo WOLF cambia stile, dopo dieci anni.