di Anna Savarese, Architetto di Legambiente Campania
Giorgio Nebbia, un altro grande padre dell’ambientalismo scientifico italiano, è recentemente scomparso, all’età di 93 anni.
Laureatosi in Chimica nel 1949 è stato professore ordinario di Merceologia presso la Facoltà di Economia dell’Università di Bari, incarico ricoperto dal 1959 fino al 1995, quando divenne professore emerito.
Grazie alla sua attività di ricerca sul ciclo delle merci, ha dato contributi scientifici e di indirizzo al movimento ecologista sviluppatosi a cavallo degli anni ’80, battendosi contro il nucleare, riproposto in Italia anche dopo il disastro di Chernobyl con i due Referendum del 1987 e del 2011, e contro gli sversamenti illeciti delle industrie. Basti pensare alla lotta portata avanti con una causa durata quattro anni dal 1984 al 1988 contro lo scarico a mare di 3200 tonnellate di fanghi al fosforo che la Montedison trasportava su una nave ogni giorno da Marghera all’Adriatico contribuendo alla sua eutrofizzazione. E, forte delle sue competenze sul ciclo della materia e anticipando l’economia circolare, Giorgio Nebbia dimostrò che, in un’ottica di conversione ecologica delle imprese, i fanghi essiccati potevano diventare sottofondo stradale, coniugando salvaguardia dell’ambiente e sviluppo economico.
Ciò perché a lui, da ambientalista scientifico, non bastava criticare i modelli di produzione, ma li approfondiva per analizzarne i punti di debolezza e per trovare alternative ecologiche.
Giorgio Nebbia è stato anche impegnato nelle istituzioni. Deputato della Sinistra Indipendente alla Camera per la IX Legislatura (1983-1987) e poi al Senato per la X Legislatura (1987-1992) si è impegnato sul versante della sostenibilità dello sviluppo, grazie al costante e mai interrotto lavoro scientifico che intanto gli era valso anche l’incarico per l’insegnamento di Ecologia nella Facoltà di Economia dell’Università di Bari, nonché il conferimento della Laurea honoris causa in Discipline economiche e sociali nell’Università del Molise (1997) e della Laurea honoris causa in Economia e commercio nell’Università di Bari (1998), con tesi, discusse per il conferimento di queste due lauree, sulle analogie tra i processi economici e quelli naturali, nonché l’estensione dell’analisi dei flussi di materiali e di energia all’economica.
Il mondo ambientalista ha molto beneficiato dei suoi approfondimenti sull’impatto ambientale e sulla ecosostenibilità, ma soprattutto dei risultati del suo impegno politico per contrastare il modello di sviluppo lineare praticato insieme ad altri grandi intellettuali impegnati in campo ecologico e per la tutela dell’ambiente e del paesaggio, come, citandone solo alcuni, Antonio Cederna, Fulco Pratesi e Virginio Bettini, Laura Conti, Alexander Langer.
Nebbia, inoltre, come si è detto, può a ragione considerarsi un precursore dell’economia circolare perché preziose sono state le sue ricerche nella Merceologia, attraverso l’analisi del ciclo delle merci, cioè dei materiali prodotti dalle attività umane, agricole e industriali, a partire dall’utilizzo delle risorse naturali nei processi di produzione e di consumo, e finendo al rientro in natura dei residui delle attività economiche.
Le sue anticipazioni sul nuovo scenario dell’economia circolare sono ben compendiate nel suo saggio del 1996 “Un’Italia sostenibile?” per la rivista Ecologia politica. Appare chiara l’affinità delle sue teorie con l’attuale anche se più compiuta definizione di economia circolare che si caratterizza come un’economia in grado di autorigenerarsi in cui i flussi di materiali sono di due tipi: quelli biologici, che devono essere in grado di rientrare nella biosfera, e quelli tecnici, che non potendo rientrare nella biosfera sono in grado di essere riutilizzati e rivalorizzati.
Sicuramente è ascrivibile alla sua formazione marxista e comunque alla grande attenzione da lui posta alle questioni sociali e, in particolare al mondo dei lavoratori, la sua scelta di non limitare la ricerca in Merceologia all’analisi dei processi produttivi, ma di far tesoro del continuo confronto all’un tempo con i lavoratori e con la comunità scientifica consolidatasi sui temi dell’ecologia e dell’antinucleare per affrontare unitariamente i temi dei prodotti e dei processi all’interno del più generale ciclo delle materie nel contesto delle risorse distinte tra quelle rinnovabili, riciclabili, biodegradabili e quelle prive di queste caratteristiche.
Il messaggio che ci lascia in eredità Giorgio Nebbia è di sforzarsi di discernere tra soluzioni davvero ecologiche e soluzioni che apparentemente sono tali, ma rischiano invece di compromettere il ciclo della materia. Egli ci ha insegnato a riflettere sull’indicatore PIL, comprendendo che, anche quando in aumento, non può essere ritenuto positivo se comporta sfruttamento e quindi perdita di risorse non rinnovabili. Ciò perché non basta fermarsi all’aspetto meramente monetario che farebbe registrare una crescita economica nell’immediato, ma occorre guardare alle ricadute sull’ambiente nel medio e lungo periodo, ma anche agli effetti sul sociale se all’aumento di ricchezza indicato dal PIL non dovesse corrispondere una sua equa distribuzione. Così come dobbiamo far tesoro delle considerazioni più volte espresse da Giorgio Nebbia, circa la necessità di far corrispondere alla progressiva maggiore attenzione dei cittadini e delle istituzioni verso il temi dell’ambiente, della salvaguardia della biosfera, della biodiversità, la più avvertita e critica analisi delle scelte strategiche di sviluppo che potrebbero essere invece ancora improntate allo sfruttamento intensivo delle risorse naturali ed umane, spesso delocalizzando le contraddizioni di un’economia, che resterebbe di fatto lineare e non circolare, nelle tante prossime e lontane periferie del mondo.
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