di Redazione
Dumas A., Il grande dizionario di cucina, Sellerio, Palermo 2004 (1802-1870)
Dumas era un gran mangiatore, lo dimostrava anche col suo incedere robusto ed energico. I cuochi TV d’oggi, tutti snelli e irosi/giocosi/ben pagati, non si sa quanto davvero apprezzino il piacere del gusto. I piatti devono essere belli come quadri, come i quadri non cercano più di essere, sono da vedere più che da mangiare. Inoltre, sono un test di abilità, per il cuoco, per il mangiatore, per riconoscere e mescolare elementi così da garantirsi l’originalità – dall’ortica al farro, tutto quel che veniva dato ai maiali passa nell’alimentazione umana.
Dumas non esitava a portarsi dietro, in avventure nei mari e per terra, le derrate alimentari utili a mangiare secondo lui decentemente, secondo uno sguardo contemporaneo lucullianamente. Di qui ben due volumi enormi di oltre 2000 pagine, che in ordine alfabetico danno non solo l’indicazione di come si fa una salsa a come si sceglie il vino, ma anche come si frolla la cacciagione, come si passa dalla materia bruta – e come la si sceglie – a qualcosa di mangiabile.
Ma soprattutto il libro va consigliato ai cuochi d’oggi, tra cui ci sarà a breve anche la sorella della principessa del Galles, la celebre Pippa, per le pennellate di costume. Ad esempio per descrivere delle scaloppine si dice che “il valletto da camera del marchese de Bresolles inventò questo piatto (omonimo) mentre il suo padrone prendeva parte alla guerra dei sette anni”. E a volte la cucina diventa conversazione arguta:
“Durante la mia giovinezza ho abitato nella mia città natale, Vills- Cotterets, la quale è circondata da una magnifica foresta dove il duca de Bourbin veniva a fare delle belle battute di caccia al cinghiale; mio cugino era ispettore della foresta. Un giorno sentendo che il duca mi diceva “Monsieur Dumas, vostro padre ed io, ci siamo scambiati qualche colpo di sciabola durante la gioventù”, mi invitò da quel momento a cenare a casa sua ogni volta che il duca andava a cacciare a a Villers. Cotterets. un giorno il duca raccontò che nell’89, lasciando la Francia, chiese ospitalità al principe-vescovo di Passau, il quale gliela concesse con la fastosa ospitalità dei prelati sovrani. Durante la prima cena il principe Condé esclamò:” ah! Ecco del buon brodo, datemene ancora qualche altro mestolo”. “Monseigneur, rispose il principe-vescovo, fin quando starete qui ordinerò che si presti molta cura al potage , la nazione francese è una nazione ghiotta di minestra” Faremo ricorso quindi a tutti gli esperti per dire quali sono i principi della carne alla quale il brodo deve il suo sapore; questi principi sono la fibrina, la gelatina, l’osmazoma, il grasso e l’albumina” segue l’elenco di tutte parti delle carni da miscelare opportunamente.
Un libro di cucina così concepito e scritto è un ideale che i nostri poveri tempi dovrebbero amare: è un pezzo del vivere umano, non un altro argomento per chi non ha proprio nulla da dire e dunque intrattiene. Il motto di spirito è assente da queste esposizioni del contemporaneo.