Anno: 2016

OLIMPIADI

di Vincenzo Giarritiello

Olympic flagOra che la sindaca Raggi ha ufficializzato il No alla candidatura di Roma per ospitare le olimpiadi 2024 – il No dovrà essere formalizzato entro la prossima settimana dal voto della giunta e, se si votasse a scrutinio segreto, non è escluso che qualche franco tiratore non faccia una brutta sorpresa alla Raggi mettendone in crisi il governo con conseguenze imprevedibili; che magari contemplino l’ennesimo commissariamento per il campidoglio e il sostegno da parte del commissario di turno alle olimpiadi nella capitale – il cittadino medio, per intenderci quello che cerca di informarsi adeguatamente sulle vicende politiche del proprio paese al fine di farsi, per quanto gli è possibile, un’opinione ben precisa per poi decidere con convinzione al momento del voto il partito cui affidare la propria preferenza, non può non chiedersi perché quando nel 2012 l’allora premier Mario Monti disse No alla candidatura di Roma per le olimpiadi del 2020, sconfessando il sindaco Alemanno che era per il Sì; motivando il proprio diniego con la disastrata situazione economica del paese, (all’epoca il debito pubblico era poco al di sotto dei 2 miliardi euro e la disoccupazione rasentava il 10%), in tanti, seppure inizialmente erano per le olimpiadi, chinarono la testa e, seppure a malincuore, ammisero che bene aveva fatto il Premier a dire no.

Oggi che la situazione economica è peggiore di allora – attualmente il debito pubblico oscilla intorno ai 2,3 miliardi di euro e la disoccupazione oltre l’11% – e Roma è ancora sotto shock per gli scandali di Mafia Capitale, non si capisce il criterio con cui si attacca la Raggi per aver detto No alle olimpiadi visto che le sue motivazioni sono le stesse di Monti e trovano supporto nella tristezza della cronaca nera.

Se da un lato è comprensibile l’irritazione del CONI e del presidente del comitato olimpico Malagò per il No della sindaca, dopo che il suo predecessore Marino aveva appoggiato la candidatura della capitale ai giochi del 2024, dall’altro non si comprende il perché la Raggi, votata da oltre il 67% dei romani al ballottaggio, avrebbe dovuto dire Sì quando uno dei punti fondamentali della propria campagna elettorale era il No alle olimpiadi.

I romani sapevano perfettamente che con la Raggi al Campidoglio Roma avrebbe perso la candidatura olimpica. Ergo chi l’ha votata era per il No alle olimpiadi!

Malagò e quanti sono per la candidatura di Roma sostengono che per le olimpiadi si sarebbe allestita una cabina di regia per vigilare sui costi in modo da non sforare il budget iniziale e evitare ruberie varie.

Nobili propositi che purtroppo per Malagò e soci vengono smentiti dai tanti eventi, sportivi e non, nazionali e internazionali, organizzati nel nostro paese negli ultimi venti anni, rivelatesi un fallimento per i contribuenti. Ultimi i mondiali di nuoto del 2009 a Roma con molte strutture tuttora incomplete come la Città dello Sport progettata da Calatrava, mai completata e in assoluto stato di abbandono.

Per non parlare dei mondiali di calcio del 1990: molti degli stadi allestiti per quell’evento oggi sono fatiscenti e dovrebbero essere demoliti e rifatti da zero, vedi stadio San Paolo di Napoli. Mentre molte delle infrastrutture attinenti sono ancora in costruzione o in totale stato di abbandono: sempre a Napoli esempio eclatante il tram super veloce che avrebbe dovuto collegare Piazza del Municipio allo stadio e mai completamente realizzato, con molte stazioni in assoluto stato di abbandono, e il parcheggio sottostante lo stadio San Paolo mai utilizzato!

Per non parlare dell’Expo di Milano dove molti padiglioni non risultavano completati per la data inaugurale tanto che gli organizzatori furono costretti a utilizzare dei pannelli per nascondere i lavori in corso.

Simili esempi di inefficienza e spreco non fanno che avvalorare la decisione della Raggi. Se a ciò ci aggiungiamo che più studi in merito dimostrano quanto sia una iattura a livello economico per una nazione vedersi assegnata l’organizzazione dei giochi, come si fa a imprecare contro la sindaca per il No?

Fa sorridere ascoltare illustri membri del governo criticare la decisone della Raggi, accusandola di mancare di coraggio in quanto, a loro dire, Roma e il paese hanno perso un’occasione di sviluppo e di rilancio; assicurando che l’esecutivo avrebbe vigilato affinché l’organizzazione dei giochi fosse andata avanti senza intoppi e senza sforamenti di budget.

Se non si riesce a vigilare adeguatamente sul rafforzamento degli argini di un fiume per evitare nuove inondazioni in zone già alluvionate, costruiti dalla ditta appaltatrice con il polistirolo senza che nessuno verificasse il corretto procedimento dei lavori tanto che alla prima piena inevitabilmente cedono, riproponendo il dramma che avrebbero dovuto fronteggiare; o sull’edificazione antisismica di scuole e uffici pubblici in territori a alto rischio sismico che alla prima scossa vengono giù come castelli di carte, come si può assicurare l’opinione pubblica che sull’organizzazione delle olimpiadi il governo avrebbe vigilato in maniera intransigente per garantire che tutto filasse liscio?

A meno che agli occhi del governo le olimpiadi non valgono più della messa in sicurezza degli argini di un fiume, di una scuola o di una caserma!?

Se proprio se la vuole prendere con qualcuno, anziché prendersela con la Raggi, Malagò se la prendesse con Renzi che all’epoca decise di far dimettere Marino da sindaco. Se a quest’ora al Campidoglio ci fosse ancora lui, Roma sarebbe candidata ai giochi. Se poi ciò si fosse rivelato a favore o a scapito dei romani, lo avremmo scoperto solo all’indomani delle olimpiadi.

Il No a Roma 2024 può tranquillamente definirsi la nemesi di Marino!

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Il web che uccide 2: un’altra giovane cybervittima

di Anna Irene Cesarano

tcIl web fa parlare ancora di sé.

Sì perché può essere tanto utile quanto pericoloso, e secondo me il compito di studiosi e utenti delle nuove tecnologie è sia insegnare i vantaggi e i benefici in ambito educativo, ma anche e soprattutto informare sui rischi e sugli interrogativi a volte inquietanti che esso solleva. Questo argomento divenuto scottante negli ultimi tempi, si fa più urgente quando a pagarne il prezzo sono persone con la propria vita.

Tiziana Cantone bella, solare, tutto comincia per scherzo. Quando gira dei video hard insieme al compagno e poi li inviano ad alcuni amici su WhatsApp. Tiziana certo non immaginava tutto quello che sarebbe successo. I video, non si sa come, finiscono in rete. È l’inizio della fine. La ragazza 31enne napoletana cerca in tutti i modi di rimuoverli, denunce che non servono a niente contro la capillare diffusione sui new media. Tiziana sprofonda in una crisi depressiva colmata in un suicidio (si impicca con un foulard) il 13 settembre 2016 nella sua abitazione a Napoli.

Posto il fatto che la ragazza era consapevole di essere filmata, ma anche che non ha mai autorizzato alla sua diffusione sul web, e bando alle stupide ciance e insulti come il caso dello stadio di Treviso o di qualche noto personaggio che si è elevato a portavoce morale (quando ovviamente non poteva), rimangono numerosi interrogativi.

Strumento o emergenza? Comunicazione o violenza? Privacy o libertà? Sono queste le nuove sfide educative da affrontare, temi complessi e cogenti della post modernità. Se Umberto Eco diceva che il dramma di internet era stato quello di promuovere lo “scemo del villaggio” a portatore di verità, siamo dinanzi a un bel problema per il quale non ci sono soluzioni pronte. Vero è che internet ha dato la parola a tutti, e il permesso di insultare anche dopo la morte (come è avvenuto per Tiziana), ma vero è, anche il fatto che non è da incolpare come strumento. Oggi si pone con forza l’urgenza di una regolamentazione da parte delle istituzioni, limitazioni e controlli alla pubblicazione di materiale e ai commenti degli users, altrimenti questa libertà di espressione e di parola oltremisura si configura come un’anomia, un disordine, un caos, che dà potere a chiunque di fare qualsiasi cosa. Il fascismo della lingua (Barthes) è proprio questo! I new media ci obbligano a dire tutto di noi, a pubblicare, a condividere, a partecipare come abitanti dello stesso villaggio.

Ma dall’altra parte dello schermo sappiamo chi c’è? Chi guarda, chi osserva, chi usa le nostre foto, o i nostri video. Il caso di questa ragazza è inquietante, più che tenerezza mi intimorisce, perché dinanzi a noi c’è una grande rete, troppo ampia per controllarla, monitorarla. In un click può spezzarsi una vita, in 5 minuti può crollare una reputazione, in un download può finire una speranza.

Si insiste in ambito educativo sulle novità che le nuove tecnologie hanno apportato e mettono a disposizione dell’utente, ma non si focalizzano i nuovi problemi che esse trascinano dietro di loro. È quanto ribadito da Derrick de Kerckhove, come scienziato umanista e guru della comunicazione, la competenza informatica deve essere anche e soprattutto accompagnata dall’attenzione ai disagi e alle difficoltà quando interagiamo con le nuove tecnologie. Dobbiamo essere coscienti di quanto le nuove tecnologie cambino il nostro di mondo. Non un aut aut ma un et et: essere coscienti del fatto di quanto essa cambi l’evoluzione della storia umana, i costumi e lo sviluppo delle idee semplifica il lavoro di addestramento informatico.

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