Anno: 2016

In ricordo di Alberta Levi Temin

di Francesco Villano
Alberta Levi Temin
Alberta Levi Temin

Nelle primissime ore del 31 agosto scorso, Alberta Levi Temin, decana della Comunità ebraica di Napoli, ha lasciato questa terra. L’ha fatto con discrezione, con la serena e cosciente consapevolezza che altri scenari si stavano aprendo alla sua anima. L’ha fatto circondata dall’affetto di tutti i suoi cari e di quanti, tantissimi, hanno avuto la fortuna di poter godere, nel corso del tempo, del suo affetto e della sua amicizia. Una donna straordinaria, una vita incredibile la sua, ma vissuta sempre con levità. Il 25 settembre prossimo avrebbe compiuto 97 anni, ma sebbene provata fisicamente aveva tuttora una mente acuta e penetrante. Se dovessi dire una delle qualità che di Alberta mi hanno maggiormente colpito, nel corso del tempo, non avrei alcun dubbio a soffermarmi su quel suo essere eternamente giovane, nel cuore e nella mente, per cui si nutriva di quella freschezza esistenziale che le permetteva di vedere sempre oltre l’immediato presente, di cogliere squarci di speranza e possibilità là dove altri vedevano solo ostacoli e difficoltà. Una vita profetica la sua, incentrata su due assi portanti: il dialogo e la pace, caratteristiche proprie di un’anima matura. Una maturità forgiatasi nel crogiuolo di esperienze durissime e devastanti, ma che in lei, testimone della Shoah, scampata a Roma, la notte del 16 ottobre 1943, alla prima deportazione degli ebrei dall’Italia, si sono trasmutate in linfa vitale, in un amore per la vita, in tutti i suoi aspetti, che contagiava chi ha avuto la fortuna di incontrarla. Fondatrice, con altri, dell’Amicizia Ebraico Cristiana di Napoli, voluta nell’86 dall’allora Cardinale Corrado Ursi, ha riversato copiosamente il suo agire e le sue energie nell’Associazione, vista come la punta avanzata del rinato dialogo tra ebrei e cristiani. Ne ha animato e sostenuto le tante attività e iniziative, con entusiasmo e passione, ben consapevole dell’estrema importanza di tenere sempre vivo un dialogo così fondamentale sia per la fede ebraica che per quella cristiana. Sempre molto attiva, dagli anni ’90, al diffondersi delle prime voci di revisionismo storico che cercavano di negare la tragedia e la tragica dimensione della Shoah, ha iniziato a dare la sua testimonianza nelle scuole di ogni ordine e grado, comuni, comunità, associazioni dell’intera Regione, per ribadire la verità dei fatti storici. Convinta che solo il dialogo e la conoscenza reciproca potessero offrire un futuro di pace, ha continuamente ribadito che il rispetto di tutte le diversità e l’unità nella diversità sarebbero dovuti essere i percorsi obbligati in un mondo sempre più multiculturale e multireligioso che, attraverso il dialogo, diviene interculturale e interreligioso, sì da avviare percorsi virtuosi per lo stabilirsi della pace e della giustizia nell’intera famiglia umana. Sono decine di migliaia i giovani, ma non solo, che hanno ascoltato la sua esperienza. Sono sicuro che coloro che sono stati fecondati dal suo parlare profondo e denso, non potranno che portare a maturazione ciò che di tanto prezioso hanno ricevuto nell’ascoltarla e nell’incontrarla. Fino alla fine della sua vita ha continuato a ripetere:” finché ho fiato voglio parlare per chi non può più parlare”. Rosetta Loy nel suo libro La parola ebreo, edito da Einaudi, racconta la sua storia. Gli studenti della scuola media “De Curtis” di Casavatore hanno scritto La storia di Alberta e il senso della memoria edito da Loffredo; testo che è stato adottato in molte scuole. A lei è dedicato il volume Shoah mistero di Dio-mistero dell’uomo di Lucia Antinucci e quello di Giuseppina Luongo Bartolini Ebrei a Benevento. Nel gennaio 2006 la ESI ha raccolto in un volume, curato da Annalisa Accetta, Poesie per Alberta, le più belle poesie scritte dagli scolari dopo aver ascoltato la sua esperienza ed il messaggio di speranza che ne traspare. Educare alla pace, partendo da una personale esperienza di emarginazione e di dolore, forgia uomini e donne attenti a: ”Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te”, così come recita la sapienza dei testi sacri di tutte le religioni e quella laica, regola cui sempre Alberta ha fatto riferimento. All’interno della Comunità Ebraica, non solo italiana, Alberta si è sempre posta come prezioso testimone di pace e di dialogo, di ponte verso l’altro da sé. Ha lavorato attivamente per realizzare il primo incontro ufficiale, a Napoli, tra ebrei e palestinesi, alla presenza di Istituzioni (Regione e Comune) e di scolaresche. Ha sostenuto attivamente il progetto ‘Saving Children’ (del Centro Peres per la pace) per far curare bambini palestinesi in strutture israeliane. Per la sua opera ha ottenuto numerosi premi e riconoscimenti: nel 2003, il Comune di Arzano le ha attribuito la cittadinanza onoraria; l’11 dicembre del 2006, la Regione Campania, le ha conferito il “Premio per la Pace ed i Diritti Umani”; nel 2009, dal Comune di Cavriago (RE) ha ricevuto il Premio Dossetti, dal Comune di Napoli la Targa della Città di Napoli e dal Comune di Benevento il Premio Fraternità; il 28 gennaio del 2010 e su iniziativa dell’AEC di Napoli, per il suo novantesimo compleanno, l’artista tedesco Gunter Demnig ha installato, a Roma, in via Flaminia 21, tre pietre di inciampo (stolpersteine), nel marciapiede prospiciente il palazzo da dove furono prelevati i suoi zii e suo cugino, per essere deportati nei campi di sterminio nazisti. Nel 2011, con Diana Pezza Borrelli, di religione cristiana cattolica, ha ricevuto il Premio Mediterraneo per la Solidarietà Sociale. Se potesse sentirmi, le direi: cara Alberta ti ringrazio per tutto quello che ci hai dato e, dalla dimora di pace e amore nella quale ora ti trovi, continua a spronarci alla ricerca del Vero, del Bello e del Buono.

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Elena Ferrante, violata la privacy: la politica non insorge

di Vincenzo Giarritiello
Lorenzo Mattotti - COMEDIE DU LIVRE (2016, part.)
Lorenzo Mattotti – COMEDIE DU LIVRE (2016, part.)

Leggi anche di Claudio Gatti: Sono autore dell’articolo che ha rivelato l’identità di Elena Ferrante, la scrittrice della tetralogia de L’Amica geniale. E con la mia inchiesta ho scatenato un putiferio etico, giornalistico e letterario. – uscito dopo l’invio dell’articolo. Pubblicato il 16.10.16

Mentre il paese entra sempre più nel vivo nella discussione sul voto referendario del 4 dicembre per l’approvazione o meno della riforma costituzionale targata Renzi/Boschi/Verdini; mentre si moltiplicano gli elogi e le critiche a Roberto Benigni per il suo spot a sostegno del Sì che gli ha fruttato 200 mila euro, quando solo alcuni mesi fa sembrava orientato verso il NO; come spesso accade in questo malandato paese, molte notizie che meriterebbero ampio spazio sui media, passano in sordina, dissolvendosi la loro eco in pochi giorni come se il fatto non si fosse mai verificato.

Eppure spesso questi eventi effimeri racchiudono tra le righe un profondo significato tanto da meritare molto più spazio di quello che viene loro realmente concesso, alimentando il dubbio se non esistesse la tacita volontà del “sistema” a tacitarli sul nascere perché non attecchiscano pericolosamente nella mente dell’opinione pubblica inducendola quindi a porsi fastidiose domande sul corretto funzionamento del Sistema.

Uno di questi “eventi” è sicuramente l’inchiesta apparsa sul Sole 24 Ore domenica 2 ottobre a firma Claudio Gatti, ripresa da diversi giornali stranieri, tesa a svelare che dietro lo pseudonimo di Elena Ferrante, l’autrice della fortunata tetralogia letteraria de L’Amica Geniale, si celerebbe Anita Raja, traduttrice per le edizioni E/O nonché moglie dello scrittore Domenico Starnone.

Per affermare ciò il giornalista ha compiuto una sorta di inchiesta patrimoniale sulla Raja, ritenuta dalla casa editrice E/O un’invasione della privacy, analizzando la situazione beneficiaria della traduttrice con l’editore rispetto al proprio lavoro ufficiale i cui improvvisi aumenti non ritrovano alcun riscontro in proporzione con i compensi degli altri collaboratori della stessa che svolgono funzioni simili, a meno che non si giustifichino con gli introiti per le vendite dei romanzi della Ferrante e dei diritti d’autore di L’Amore Molesto uno dei romanzi della Ferrante.

Indipendentemente se tutto ciò fosse legalmente e, soprattutto, moralmente lecito solo al fine di svelare l’identità di un’artista amata da milioni di lettori in patria e all’estero, mi domando cosa sarebbe accaduto se lo stesso zelo giornalistico sarebbe stato profuso nei confronti di un politico; magari solo per dimostrare che aveva mentito sulla propria dichiarazione dei redditi?

Mi immagino la, quasi, unitaria levata di scudi che ci sarebbe stata da parte della politica per denunciare l’inopportuna invasione della privacy compiuta dal giornalista; le interpellanze parlamentari che ne sarebbero seguite; i tanti dibattiti televisivi che si sarebbero svolti sulle diverse reti pubbliche e private cui avrebbero partecipato in blocco rappresentanti di tutti gli schieramenti politici, nessuno escluso, pronti a dire la loro a favore o contro l’inchiesta invasiva ma disvelatrice di una malefatta di uno di loro.

E invece, presi come sono dall’imminente referendum, e soprattutto perché l’inchiesta non intacca in alcun modo il proprio mondo, i politici non se ne preoccupano minimamente. Sbagliando…

Forse nessuno di loro ha riflettuto, o nessuno dei loro accoliti li ha indotti a riflettere, che i modi con cui è stata condotta l’inchiesta per svelare l’identità della Ferrante si potrebbero tranquillamente applicare, se davvero lo si volesse, per combattere l’evasione fiscale in Italia!

Altro che leggi e indagini della finanza. Basterebbero pochi giornalisti zelanti come Gatti e il gioco sarebbe fatto.

Uso il condizionale perché mai la politica consentirebbe che lo stesso trattamento riservato alla Raja venisse adottato verso sé stessa, con un “amico” o con “amico” degli “amici”.

Nell’attimo in cui un giornale si permettesse di pubblicare un’inchiesta simile a quella sulla Ferrante su di un politico, su un nome grosso della finanza o dell’imprenditoria affiliati al “sistema”, svelandone le entrate patrimoniali e gli investimenti, apriti cielo.

Da mane a sera ci massacrerebbero i timpani, e non solo quelli, con le proprie articolate rivendicazioni in televisione, alla radio e sui giornali per dimostrare che il giornalista e la testata per cui lavora hanno leso il diritto alla privacy di ogni individuo, fondamento di qualunque stato democratico!

Un po’ come è accaduto con lo scandalo Vatileaks dove i giornalisti Gianluigi Nuzzi e Emiliano Fittipaldi sono stati rinviati a giudizio dal tribunale del Vaticano per aver svelato nei rispettivi libri inchiesta Via Crucis e Avarizia il sistema affaristico-finanziario che si annida e dipana oltre Tevere in cui sono coinvolti diversi cardinali, tra cui l’ex Segretario di Stato Tarciso Bertone, i quali, stando alle inchieste dei giornalisti, si sarebbero serviti delle donazioni dei fedeli alla chiesa per proprio uso personale; facendosi addirittura ristrutturare gli appartamenti in cui risiedono con arredobagni costosissimi, in barba al messaggio di povertà professato dal Vangelo di cui dovrebbero essere i principali testimoni.

Anche in questo caso la politica ha taciuto o, se ha parlato, lo ha fatto in maniera molto soft per non inimicarsi la chiesa.

Purtroppo viviamo in un paese in cui la cultura è vilipesa da chi dovrebbe tutelarla, vedi i tagli alla cultura degli ultimi governi o il caos inscenato dalla riforma scolastica ribattezza Buona Scuola.

L’inchiesta sulla Ferrante e la conseguente indifferenza della politica ne sono la conferma!

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