Mese: Marzo 2016

La qualità nelle istituzioni scolastiche – L’equilibrio del docente tra inclusione e rigore (3)

di Vincenzo Curion

TQMLe risorse dell’Organizzazione Scolastica. Gli strumenti del Discente.

In un’Organizzazione Scolastica che operi in qualità, anche il Discente è parte in causa del servizio. Un tempo vi partecipava con i propri libri, con i propri quaderni, penne, matite, fogli oltre che con la propria persona. Poi l’attenzione su di lui è sembrata spostarsi in altre direzioni e su altri soggetti. La metodologia della didattica per progetti proposta vuole essere un modo per riportare al centro dell’attenzione proprio il discente. Nell’Organizzazione Scolastica egli è chiamato a formulare la sua risposta al servizio. Partecipa all’azione prendendo parte fattivamente ai processi, impratichendosi di linguaggi e prassi sempre più complesse e articolate. Tramontata la visione del sapere “a tenuta stagna” confinato nelle discipline, l’alunno partecipa al progetto multidisciplinare componendo e scomponendo saperi, conoscenze e competenze, di modo che la pratica scolastica sia quanto più fedele possibile al mondo extrascolastico dove non c’è una separazione didattica ma c’è un continuum reale fatto di problemi e di risposte da trovare in un adattamento continuo. Al discente di oggi è richiesta la proattività più di quanto non accadesse in passato. I progetti in cui è coinvolto andrebbero pensati per scardinare la distinzione disciplinare e spingerlo verso una propria ricerca di senso. Accade così che, nel corso di un progetto siano accumunati aspetti di storytelling e di disegno industriale. Di arte e di riproduzione attraverso strumenti per la stampa in 3D. Un progetto del genere interviene sia sugli aspetti narrativi sia su quelli istruttivi dimostrando che le possibilità si costruiscono coniugando sia emozione che passione. È il “think different” che ha contraddistinto il successo di molte aziende ed industrie contemporanee – Apple tra tutte -. È il riconoscere che dietro ogni innovazione c’è un discorso che parla anche di emozioni che quella scoperta o ritrovato che sia, sa suscitare. Operare in questo modo significa dare in un unico sistema la dimostrazione che sapere umanistico e tecnico-scientifico vanno a braccetto e che l’organizzazione o l’individuo che voglia prosperare supera questa distinzione per esprimere la propria peculiarità.

L’organizzazione didattica. La sfida per il non formale in chiave orientativa.

Secondo le regole internazionali si intende per non formale tutto ciò che non è collegabile direttamente al settore dell’istruzione o al settore dell’educazione che rilascia certificati a valore legale. Originariamente questi ambiti erano esclusi dalle competenze dell’Istituzione Scolastica. È con l’attuazione dei progetti PON finanziati dal Fondo Sociale Europeo, che l’aspetto del non formale e dell’informale non sono più lontani dal ruolo dell’Istituzione Scolastica. Da “territori di nessuno”, a cui però si riconosceva un grande appeal per l’individuo che impara significati motu proprio, con i progetti per l’educazione dei giovani adulti e degli adulti e, più recentemente con l’alternanza scuola-lavoro, introdotta dalle recenti direttive ministeriali, il settore del non formale è entrato prepotentemente nell’area di competenza dell’Istituzione Scolastica. Analizzando questo settore, sia quando la Scuola non è parte in causa sia quando è la Scuola stessa ad agire come ente formatore per il Non formale – ad esempio con corsi di informatica, di fotografia, progetti di musica, corsi di disegno, corsi di lingue per specifiche aree di conoscenza- il Docente può recuperare interessanti stimoli per la sua propria attività didattica istituzionale. Anche se, nonostante gli sforzi di ISO e UNI ancora stenta a decollare la norma di certificazione di un sistema di gestione per tutti gli enti di formazione, il Docente che sia stato formato sulle direttive che ne certificano l’operato, può fungere da mentore per l’allievo che, lasciando i banchi, può avere necessità di essere coadiuvato nel conoscere quali passi intraprendere per entrare e per radicarsi nel mercato del lavoro.

Laddove la Scuola eserciti in prima persona un’azione di formazione procedendo per progetti, sia nell’ambito del formale sia in quello non formale, a maggior ragione occorre che il personale dell’Istituzione Scolastica operi in qualità adoperandosi per instaurare processi efficaci, efficienti ed economici.

Ecco perché il Personale Scolastico deve avere conoscenza anche della Norma di riferimento UNI ISO 29990:2011 certificabile per gli enti di formazione. La norma, specifica per il non formale pone l’accento sullo sviluppo, sull’erogazione e sulla valutazione di una attività formativa e connessa valutazione delle competenze. La UNI ISO 29990 può fungere da guida nell’impervio percorso del non formale permettendo da subito di ragionare sulle peculiarità che il percorso formativo presenta. Ad esempio, poiché in questo ambito più che nel formale vi è un impiego più consistente di strumenti di mediazione non convenzionali (es. video, computer, audio guide, apparecchiature in genere) è opportuno che, come rileva la Norma ci sia un dettagliato progetto didattico-formativo attuato da personale competente nell’uso della strumentazione e nella mediazione specifica per il target di discenti individuati.

Ancora una volta questa Norma, come le altre ISO 9001, 9004 e TQM non soppianta né snatura il ruolo dei Docenti ma lo migliora perché li coinvolge nell’esaminare attentamente e dettagliatamente il proprio servizio reso.

L’Organizzazione Scolastica tra Risk Management e Supply Chain: Il rischio nell’Istructional Chain.

Connaturato a qualunque attività vi è un rischio. Anche quando l’attività è quella di insegnare. Soprattutto quando si abbraccia la logica interdisciplinare e multidisciplinare della didattica per progetti, la sola in grado di sostenere sia una formazione formale sia una formazione non formale. Un’Istituzione Scolastica che voglia operare secondo qualità, deve introdurre nel proprio sistema di gestione anche la valutazione del rischio inteso come propensione a sfruttare nella maniera più vantaggiosa possibile gli stimoli e le sollecitazioni che le provengono dalle Parti Interessate e dall’Ambiente. In gioco c’è il perseguimento del proprio obiettivo: concorrere ad abilitare cittadini del mondo. Ancora una volta, per rispondere ad una necessità, l’Organizzazione Scolastica che operi in qualità ricorre allo strumento della norma. La UNI ISO 31000:2010 è la versione italiana della norma internazionale, che definisce principi e linee guida per la gestione del rischio. Tale norma, diversamente dalle 9001, 9004, 29990 e dal modello TQM, non permette la certificazione del sistema, ma fornisce dei suggerimenti per gestire efficacemente il rischio. Anche in questo caso, il compito del personale dell’Organizzazione sarà quello di specializzare la lettura della norma adattandola alla realtà concreta, per valorizzare ogni stimolo e sollecitazione peculiare.

Riconoscere che il background familiare di un allievo può incidere pesantemente sul suo successo formativo – come accade nei BES-, è un aspetto che va considerato al momento della progettazione didattica prevedendo soluzioni che possano mitigare questa possibilità.

Prevedere che un dato territorio può essere foriero di specifiche problematiche favorisce la possibilità di prevenire tensioni all’interno del gruppo dei discenti, scegliendo soluzioni progettuali differenti per espletare il servizio.  Pensare in termini di rischio è fare prevenzione dei problemi prima che questi emergano anche drammaticamente, come ad esempio i recenti fatti di cronaca per episodi di bullismo.

Pensare in termini di gestione del rischio permette di concepire un servizio più robusto sotto tutti i punti di vista. Il senso del risky thinking è quello di riconoscere che ogni elemento dell’Organizzazione sia essa persona o strumento è latore di rischi e che, nonostante tutto, i processi che hanno sede nell’Organizzazione, da quelli tra i banchi a quelli negli uffici della Dirigenza sono condotti a termine salvaguardando il valore dell’Istituzione. Proprio la salvaguardia del valore dell’Organizzazione ovvero la sua creazione rappresenta il primo principio del sistema per la gestione del rischio, sistema che deve essere strutturato e tempestivo, basato sulle migliori informazioni disponibili. Esso deve essere un sistema dinamico, iterativo e rispondente ai mutamenti. La norma vuole che il sistema per la gestione del rischio, sia trasparente e inclusivo e in questo sembra proprio sia stata scritta per l’Organizzazione Scolastica che sempre più deve operare per l’inclusione tenendo conto dei fattori umani e culturali, evidenti elementi che possono tramutarsi in pericoli.

Conclusioni.

Il servizio prestato da qualsiasi Istituzione Scolastica è un servizio che può essere sottoposto a un sistema di gestione per la Qualità senza che l’Organizzazione sia necessariamente convertita in un’azienda. La salvaguardia della funzione sociale può essere coniugata con l’efficienza “industriale” senza snaturare l’uno o l’altro aspetto ma anzi valorizzandoli entrambi. Proprio la scelta di una didattica che proceda per progetti sarebbe così un’attuazione del sistema di gestione per la Qualità. L’introduzione di questo può essere strategico per migliorare il servizio reso sia sotto l’aspetto inclusivo sia sotto l’aspetto istruttivo. La possibilità di intervenire sul futuro delle persone dovrebbe spingere pertanto i Docenti tutti a ricercare un lavoro per prassi, così come si fa in altri settori, ad esempio quello sanitario.

Soprattutto i Docenti dovrebbero scegliere di abbandonare per sempre una soluzione di processo didattico a cascata, facilmente sostenuto dalla copiosa documentazione ma eccessivamente rigido e monolite: prima progettazione, poi esecuzione, dopo verifica.

È necessario invece riconvertire il processo didattico ad una soluzione di tipo “per progetti” o “a spirale”.

In questa si individua un’abilità, una conoscenza, una competenza che si vuole trasmettere e/o far conquistare, dopodiché si progetta per problematizzazioni successive, quasi come in un labirinto da affrontare. Si risolvono iterativamente i problemi/items in maniera multidisciplinare fino ad arrivare a padroneggiare quella abilità, conoscenza, competenza obiettivo. Successivamente si parte da quella per una nuova meta fino al completamento del ciclo.

Questa soluzione risponderebbe più facilmente alla naturale ricerca di senso nei vari insegnamenti e, se applicata all’interno di una Organizzazione in qualità alimenterebbe il miglioramento continuo che garantirebbe il successo dell’Istituzione Scolastica.

Riferimenti

Alessio Ribaudo, Il Narratore di Emozioni Il Guru e i segreti dello storytelling, Steve Jobs, stay hungry, stay foolish, “Corriere della Sera” 2011

Bal, M. (1997), Narratology: Introduction to the Theory of Narrative, 2nd UP of Toronto P.

Bruner, J. (trad. it. 2002), La fabbrica delle storie. Diritto, letteratura, vita, Laterza, Milano.

Bruner, J. (trad. it. 1993), La ricerca del significato, Bollati Boringhieri, Torino.

Carmagnola, F. (2006), Il consumo delle immagini. Estetica e beni simbolici nella fiction economy, Mondadori, Milano.

Goleman, D. (1996), Intelligenza emotiva, Rizzoli.

Pensare in immagini e altre testimonianze della mia vita di autistica, Temple Grandin http://www.youtube.com/watch?v=SKGlqK4zQdw

  1. D’Ambrosio Angelillo, Filosofia del racconto

Linee Guida per l’Integrazione Scolastica Degli Alunni Con Disabilità in

http://hubmiur.pubblica.istruzione.it/alfresco/d/d/workspace/SpacesStore/115c59e8-3164-409b-972b-8488eec0a77b/prot4274_09_all.pdf

EFQM, http://www.efqm.org/efqm-model/fundamental-concepts

Testo legge 107, 13 luglio 2015 http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2015/07/15/15G00122/sg

Costituzione Italiana http://www.quirinale.it/qrnw/statico/costituzione/pdf/Costituzione.pdf

UNI EN ISO 9000:2015 “Sistemi di gestione per la qualità – Fondamenti e terminologia”

UNI EN ISO 9001:2015 “Sistemi di gestione per la qualità – Requisiti”

UNI EN ISO 9004:2009 “Gestire un’organizzazione per il successo durevole” – L’approccio della gestione per la qualità

UNI EN ISO 29990:2010 “Servizi per l’apprendimento relativi all’istruzione e alla formazione non formale”

UNI ISO 10006:2005 “Sistemi di gestione per la qualità -Linee guida per la gestione per la qualità nei progetti”

ISO 10018:2012 “Gestione per la qualità -Linee guida per il coinvolgimento e la competenza delle persone”

UNI ISO 31000 “Gestione del rischio – Principi e linee guida”

Ghezzi, Jazayeri, Mandrioli, Ingegneria del Software, Pearson Education Italia

GF saggi Curion La qualità nelle istituzioni scolastiche (3)

Ma la realtà è numero? O sono le idee? (4)

di Stefano Ulliana
LE DIECI COPPIE DI CONTRARI
LE DIECI COPPIE DI CONTRARI

Aristotele Metafisica, 990° 18 – 993° 27

Aristotele, Metafisica. A cura di Giovanni Reale. Milano, Rusconi, 1998 (1993¹). Pp. 51 e segg.

I passi di Aristotele e il commento

(21) La dimostrazione, poi, che tutte le cose costituiscono una unità – dimostrazione che pur sembra essere facile – non raggiunge il suo scopo: infatti, dalla loro prova per <<ectesi>> non risulta che tutte le cose siano una unità, ma solo che c’è un certo Uno-in-sé, se si concede che tutti i loro presupposti siano veri; anzi, neppure questo risulta, se non si concede che l’universale sia un genere: questo, infatti, in alcuni casi è impossibile.

Essi infatti predispongono fuori ed in alto una forma di cuspide superiore – l’Uno-in-sé (cfr. il Parmenide platonico) – che progressivamente sembra comparire e scomparire, per lasciare alla fine lo spazio della libertà relativa. Aristotele richiama qui – credo – le singole e successive ipotesi presentate da Platone appunto nel suo dialogo intitolato Parmenide: 1. Se l’Uno è uno; 2. Se l’Uno è; 3. Se l’Uno è e non è; 4. Se l’Uno non è. Il venire alla determinazione d’essere, che si raggiunge per Platone attraverso la coppia opposta di idee somiglianza/dissomiglianza, costituisce la base iniziale per la dimostrazione della funzionalità della teoria delle idee e della modalità della partecipazione ad esse degli enti che vengono ad esistere. Oltre le critiche alle idee ed alla modalità partecipativa, che saranno accolte dallo stesso Aristotele, Parmenide/Platone indica la sussistenza assolutamente negativa dell’Uno come uno, mentre assegna all’Essere la funzione di orizzonte di comprensione della molteplicità delle differenze di determinazione dell’Essere stesso. L’Essere stesso appare diviso fra il tutto che è e le parti che sono, differentemente. Questo processo dà luogo alla numerazione ed al riferimento superiore ed individuato delle differenze stesse (alle ragioni vere e reali delle cose nella loro stessa determinazione). L’identità molteplice raggiunta nell’orizzonte dell’Essere stabilisce lo spazio di limitazione e definizione all’interno del quale le cose sono chiamate a sussistere. Esse vengono dunque generate, mosse e finalizzate in questo stesso spazio, che diventa quindi spazio per la stabilità dell’orizzonte e per il divenire (divenire continuamente altro e diversamente) delle cose. È questo spazio – spazio della dialettica verticale – alla fine che consente l’inserimento della coppia opposta simile/dissimile, tramite la quale si organizza una dialettica ora anche orizzontale. L’unità d’orizzonte stabilisce quindi anche la reciproca estraniazione delle cose ed il reciproco raggiungimento di un’identità diversa (“contatto” e “distacco”). Come pure stabilirà il termine di riferimento comune per l’immediata eguaglianza o per la reciproca diversificazione. Sarà tutto il tempo nella sua continuità ininterrotta e nello stesso tempo tutte le possibili determinazioni di tempo (secondo la tendenza del futuro o la memoria del passato o secondo la presenza). Ma il divenire altro e diversamente richiede la possibilità di un duplice non-essere: di tendenza e reciprocamente laterale. L’apertura creativa resta libera di determinarsi relativamente alla molteplicità ideale. Siamo così giunti all’ultima delle ipotesi: se l’Uno non è. In quest’ultimo caso l’analisi dialettica indica la libera diversità in relazione al sopraggiungere della determinazione. Così l’essere che diviene – l’essere naturale secondo l’impostazione aristotelica – rimane racchiuso all’interno di un orizzonte stabile, che ne limita e finalizza i possibili movimenti di reciproca realizzazione e trasformazione. Nel caso invece che il non-essere dell’Uno sia assoluto (e non relativo come in precedenza), allora si ricadrebbe nella situazione della materia indifferenziata, dove tutto sembra ancora privo di quella determinazione che invece assumerebbe nel caso passasse all’essere. Oltre a questa situazione pare sussistere solamente un nulla assoluto. Essere e non-essere il tutto da parte delle singole determinazioni d’essere è quindi il destino necessario e fatale, nel momento in cui si abbandoni la posizione espressa comunemente dai pensatori che precedono i Sofisti e Socrate: la posizione che presentava un infinito immediatamente creativo e dialettico, che mantenesse sempre illimitatamente aperta la dimensione della libertà razionale e naturale. Platone invece pensa di concretizzare – dopo la figura del sapiente-re – attraverso la funzione d’orizzonte comune dell’Essere una relazione necessariamente determinativa, sia sul piano razionale che naturale. Tutto ciò avrebbe portato con il Filebo ed i suoi quattro generi dell’Essere – finito, infinito, misto e causa della mescolanza – a giustificare la critica di Aristotele, qui presentata. Se, infatti, l’orizzonte dell’Uno che si fa Essere deve trovare la sua determinazione propria – l’universale – attraverso il genere della de-terminazione, allora lo spazio dell’opposizione – l’in-finito – sarà conquistato da un rapporto verticale e finale univoco, da un essere <<misto>> e da una <<causa della mescolanza>> che non prevede differenza ed apertura. L’infinito come moltiplicazione soverchiante (cfr. l’Uno di Plotino) viene assoggettato ad un procedimento diairetico, che predispone la verticalizzazione e l’univocità delle determinazioni singole (individuazioni per genere e specie). Aristotele pare, invece, anticipare qui che l’Essere si debba dire in molti modi. L’infinito resterà per Platone non soverchiante, ma necessariamente organizzato. L’infinito in Aristotele, invece, tenderà ad assumere proprio la valenza della numerosità senza limite. In questo senso per Aristotele l’universale può non essere un genere, se l’essere un genere comporta per lui la riduzione previa ad una determinazione prima, che escluda la sussistenza ben reale di altre ragioni determinatrici.

(22) Né sanno dar ragione degli enti che sono posteriori ai numeri – ossia le lunghezze, le superfici e i solidi -: né del perché esistono od esistettero, né della funzione che essi hanno. Infatti non è possibile che queste siano Forme (perché non sono numeri); né è possibile che siano enti intermedi (questi, infatti, sono oggetti matematici); né è possibile che siano cose corruttibili: pare, dunque, che si tratti di un nuovo genere di realtà, cioè di un quarto genere.

Queste altre ragioni determinatrici rendono conto del fatto che gli enti disposti in una condizione inferiore e successiva, non possano accogliere la determinazione quantitativa e combinatrice proposta dalla scuola platonica, così come si è già visto in precedenza.

GF saggi Ulliana Ma la realtà è numero O sono le idee – Aristotele (4)