Anno: 2015

Italicum. Infine, qualcosa accade.

di  Clementina Gily, Editoriale

Se l’Italicum sia una cosa splendida o no so quanto basta: ho famiglia, lavoro, nessuno risolve i miei problemi e mi dà il tempo di approfondire materie ostiche.

Ho letto giornali, mi sono informata – pare ci siano pro e contro; ma so che la legge è cosa sottile, quel che pare spesso non è. Per mestiere mi occupo di scienza e temo i giudizi avventati: ma me li richiedano come dovere. Perciò pretendo che politici e comunicatori siano migliori, informino invece di sparare propaganda. Ho il dovere di votare: e voto sì. Ma pretendo il diritto dell’elettore di essere informato meglio. Il fatto è che una volta c’erano persone che davano fiducia, intellettuali dalla parola affidabile, condivisibile, si pensava prima di parlare e ci si convinceva – oppure no e si obbiettava. Con calma: tenete presenti i nostri talk show?

Il nostro Presidente è un esempio di quel che intendo, non è un mito, è un uomo politico. Appassionata e studiosa di politica, come tanti da più turni elettorali mi chiedo perché vado a votare, e dopo mi chiedo perché ci sono andata. Perciò ho tirato un sospiro di sollievo: almeno a questa domanda non dovrò più cercare risposta. Tutti gli altri sapevano scrivere meglio l’Italicum? Sono di scena da venti anni e trenta e più: ora basta provare.

Non s’è decapitato il re, tutti sono in perfetta e perfettissima salute. Non c’è nessuna lesione della democrazia – come c’è, invece, non so perché non lo sento dire (ma sono distratta, certo, troppe voci): nel non dare alcun peso ai voti degli elettori e ai loro pareri, come s’è fatto sinora. Finalmente basta con la vergogna nazionale di votare con l’incostituzionale porcellum.

Dicono: ma questo è un altro porcellum. Bene, dico io, ma i buoni devono combattere con le armi del tempo, l’ISIS non sa che farsene delle scimitarre.

Se non si riesce ad avere un senatore capace di fare una legge onesta: speriamo almeno si siano fatti bene i conti (e mi pare di sì); che stavolta non si porti al governo, al tesoro, la Lega delle canottiere e dei beceri dicitori che il Nord tanto ama – una vergogna, una caduta di gusto eccezionale nella terra di Manzoni; insieme con gli imprenditori della televisione la cui storia ha raccontato il loro fedelissimo amico Paolo Guzzanti – e credo perciò che da ottimo giornalista quale fu e ben informato dei fatti sia credibile – leggete, leggete, è un librone, una storia più malavitosa di Gomorra.

D’altronde, tutte le storie delle aristocrazie nascenti sono agghiaccianti per disonestà e crudeltà – pare sia il file rouge di ogni serie televisiva che non si occupi di polizia ed ospedali.

Dunque: speriamo che questo giro di vite dell’Italicum serva a restituire all’Italia una democrazia, perché intanto Ricchezze, Famiglie e Feudi sono già nati  e prosperano, e sono più forti perché si stanno vendendo tutto quel che presero: è mondializzazione o conquista?

Penso che il Presidente Mattarella abbia pensato a questo, nel firmare. È parte integrante di una cultura che alla democrazia ha sempre creduto, e che sa cos’è la demagogia – e la aborre, come diceva qualche tempo fa Mughini, mi pare.

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Fu giusta la strenua lotta per la Mogherini

di Clementina Gily, Editoriale

Se un intellettuale che merita fiducia per le sue conoscenze in materia come Bernardo Valli, parlando dell’accordo di Teheran, riesce a non parlare della Mogherini: viene da riflettere al comune spettatore che ha già visto in televisione Lady Pesc sorridente al centro della scena internazionale.
Eppure proprio Valli convince chi non ha la sua esperienza che l’accordo è importante: “dopo 37 ore di negoziati, 12 anni di tentativi falliti e 35 di sanzioni, rese più severe nell’ultimo decennio…. Conta che le due parti a confronto, gli Stati Uniti da un lato (accompagnati da Francia, Gran Bretagna e Germania) e l’Iran dall’altro (spalleggiato da Russia e Cina) siano riusciti a stabilire un’intesa di principio sulle loro esigenze” (LaRep 03.04.15 p,33); anche se è, titola l’articolo, una “ragione zoppa” perché si sa che l’accordo va definito entro il 30 giugno e che quando sarà scritto si vedrà se sarà poi rispettato: come tutte le cose di questo mondo.
D’altronde, va detto che Valli dopo un piccolo spunto in prima pagina è a p. 33; che a p. 6-7 lo stesso giornale non solo si pubblica la foto con John Kerry, il sinora-inefficace, e tutto il resto dei potenti del mondo, ma anche il detto del ministro degli esteri europeo.
Potenza femminile? Sicuro: basta leggere l’articolo per vederlo. Perché consiste non di bellezza ma di pazienza e capacità di mediare mirando allo scopo a costo di sacrificio. Il che nel mondo dei potenti è raro, come la convinzione e la capacità di agire verso valori comuni come primo goal. Le parole citate di Lady Pesc dicono come si ottiene un patto win-win, dove tutti si sentono vincitori: cercando equilibri per sviluppare accordi, e poi contare le strutture che arricchiscono uranio e gli opportuni benefit che possono convincere ad abbandonare le proprie posizioni – e perdere il sonno. Se non è certo mai il vantaggio di uno il successo, in nessun campo: bisogna riconoscere il merito quando c’è, l’opportuno facilitatore sa il tempo debito.
Questo fa la diplomazia, trova mediazioni. È il suo mestiere – non quello degli intellettuali, né degli economisti, né dei politici. I politici pure mediano, ma non sui valori fondanti di una prospettiva politica, che servono per stabilire la gerarchia dei desiderata su cui chiedere l’accordo agli elettori. Che scelgono, non entrano nel merito di leggi e misure: a meno di non pensare che ognuno abbia il tempo di darsi tutto alla politica. Ogni partito/soggetto da votare, dicono i classici, presenta una propria visione d’insieme, elaborata da intellettuali, della propria visione politica: non dice i suoi desideri, tanto meno i sogni, dice come si combina la visione della società in una politica. Non è facile, ma il gioco è la conquista del potere: articolare la mediazione struttura i rapporti tra le parti in una prospettiva teorica; poi si vedrà se riesce – ma intanto l’elettore può decidere. Insomma, tutto il contrario di un talk show.
La diplomazia e la politica degli uomini d’oggi che si credono onnipotenti perché hanno il telecomando e lo smartphone, si stupiscono se si muore, deve tornare all’analisi e alla pazienza del fare, a conoscere i problemi.
Come ha mostrato di fare Mogherini. Fece benissimo Renzi a giocare la difficile partita degli esteri nella politica europea perché è essenziale: eppure quante critiche! Giuste, dimostra Valli citando le tre nazioni egemoni. Ma anche del tutto ingiuste, come dimostra sempre Valli.

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