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di
Giovanna
Annunziata
In effetto, noi non
comunichiamo mai il vero, e solamente quando ci rivolgiamo agli altri,
foggiamo e adoperiamo una sequela e un complesso di stimoli per porre
gli altri in condizione di adeguarsi al nostro stato danimo, di
ripensare quel vero che pensammo noi. Non diciamo il vero
nemmeno che so io? dinanzi a una società scientifica, a
unaccademia, a un uditorio di scolari. Non lo diciamo, perché non
possiamo far altro che foggiare ed emettere suoni, che opereranno a
preparare o agevolare effetti, i quali non appartengono a noi. E se la
cosa sta così, il problema del comunicare con altrui, del parlare ad
altrui, non è quello di dire o non dire il vero, ma di operare su
altrui perché operi. Tra le esigenze di queste operazioni va compreso
anche lavviamento a pensare o ripensare il vero; ma sempre e
anzitutto cè quella, che la vita altrui sia promossa, cangiata o
elevata. Frammento
di B. Croce Dire la verità in Etica e politica, 1915.
Linterpretazione
che lartista americano concettuale Joseph Kosuth sembra voler dare
della frase di Croce esplicitata in diversi articoli apparsi in
questi giorni su molte testate napoletane (vedi in particolare
lintervista rilasciata ad Ottavio Lucarelli su La Repubblica
del 6 dicembre 2001[1])
è quella citiamo le parole - di un messaggio universale (
),
un segno di pace e di dialogo tra culture diverse dopo quanto è
avvenuto con lattentato alle torri di New York e la guerra in
Afghanistan.
E
dunque, previa necessaria considerazione che il punto di vista
dellartista rappresenta già in sé evidentemente un giudizio etico[2],
apprezziamo quanto Kosuth abbia voluto cogliere nello scritto crociano,
apprezziamo, altresì, la scelta del testo, poco noto ai più ma assai
caro a quanti di Croce amano il continuo riferimento alleticità
intesa questa nel senso più alto ovvero quello di unetica procedurale
e non fondativa, unetica, dunque, che non vuole essere
depositaria di valori ma che rappresenta il valore in sé.
E
vogliamo, nel ringraziare lartista, rispondere proficuamente
allappello è questo, forse, il primo autentico segnale di quel
dialogo che, prendendo le mosse dalle parole di Croce,
attraverso larte di Kosuth arriva fino a noi? - da lui fatto
ai napoletani affinché prendano parte - e dunque dialoghino -
tutti e direttamente alla genesi e alla vita dellopera
significativamente allestita, secondo una recente tradizione
inaugurata qualche anno fa a Napoli, in piazza del Plebiscito
quasi che il luogo deputato allantica funzione possa animarsi
nuovamente attraverso un dibattito allargato, vivace e coinvolgente di
tutti i cittadini.
E
allora intendiamo contribuire al dibattito cui lartista ci invita
suggerendo unulteriore riflessione intorno alle parole di Croce:
esse riguardano senzaltro il tema del dialogo, ben rilevato
da Kosuth, ma abbracciano in maniera assai più ampia il concetto di
comunicazione, che non è come spiega il filosofo - una
trasmissione sic et simpliciter dinformazioni bensì esso
contiene in sé, sempre, lintenzione, o lambizione, più o meno
esplicita del soggetto comunicante di operare su altrui perché
operi.
E
allora contestualizziamo la frase per comprenderne meglio alcune
sfumature: le parole di Croce scritte nel clima della Grande Guerra -
lopera Etica e politica da cui sono tratte è datata 1915
risuonano oggi, a quasi un secolo di distanza e ancora di fronte
ad una guerra che è altrettanto Grande, e spaventosa, con la stessa
forza di allora, e come allora io credo debbano leggersi come
un monito accorato di fronte ai pericolosi meccanismi di persuasione
messi in atto dalla comunicazione in genere, e più che mai dalla
comunicazione in tempo di guerra.
Il
messaggio di ieri solleva oggi nuove preoccupazioni: nellodierna
società della comunicazione globale, nonostante siano cresciuti i
media e gli strumenti del comunicare si siano diffusi enormemente, la
guerra continua a restare un evento misterioso, raccontato solo in
parte e attraverso verità parziali, perché è insito nella natura di
noi uomini e nellatto stesso del comunicare questi sì che non
sono cambiati molto! tendere a porre gli altri in condizione di
adeguarsi al nostro stato danimo, di ripensare quel vero che
pensammo noi.
E
allora, al di là di ogni valutazione sullessenza filosofica della
verità esiste oppure no una verità assoluta? , essa risulta
in qualche maniera già deformata nel momento stesso in cui viene
trasmessa da un individuo allaltro, in quanto ciascuno tenderebbe,
sia pure inconsapevolmente, ad indirizzare laltro verso il proprio
modo di sentire e cioè con le parole del Croce non
possiamo far altro che foggiare ed emettere suoni, che opereranno a
preparare o agevolare effetti, i quali non appartengono a noi.
Ma
più allarmante della considerazione sulla natura sostanzialmente falsificante
della comunicazione umana - che pure Croce pare assolvere in nome
di unevidente inconsapevolezza -, è la riflessione sui meccanismi
perversi, e questa volta assolutamente intenzionali, che
muovono oggi il sistema mondiale delle comunicazioni facendo di esso
troppo spesso non un veicolo di informazione, sia pure parziale, ma
piuttosto lespressione sempre più manifesta di interessi politici
ed economici.
Lautorità
oggi goduta dai media e linfittirsi delle relazioni tra questi e i
sistemi politici ed economici a tutti i livelli della società,
favoriti dallesorbitante aumento di quel complesso di stimoli cui
il filosofo fa riferimento utilizzati senza pudori da certa stampa e
da certa televisione per indirizzare e persuadere, devono senzaltro
allertare le nostre coscienze. E il monito di Croce, riprodotto
efficacemente a caratteri luminosi in piazza del Plebiscito a Napoli,
serva a risvegliare il nostro senso critico di fronte ad un sistema
mediatico che non può non essere costantemente sottoposto a giudizio,
controllato, vigilato.
E
più che mai bisogna essere attenti alla comunicazione in tempo di
guerra la scelta di Kosuth ci è sembrata allora davvero
pertinente al momento storico e, in particolare, di una guerra
che, come questa, più che mai sembra essere combattuta a colpi di
notizie ben costruite e scoop fasulli e che, fin dallattacco alle
torri di Mahanattan, ha saputo sfruttare della rappresentazione
mediatica tutti i vantaggi.
Il
terrorismo islamico ha colpito al cuore è stato scritto la
civiltà occidentale. E questo è tanto più vero in quanto sul
bersaglio, accuratamente scelto, puntavano le telecamere di tutto il
mondo e la seconda torre è venuta giù in diretta televisiva dinanzi
allo sconcerto generale: sono state utilizzate contro loccidente, e
assai spregiudicatamente, le sue stesse armi, le più progredite, e
non quelle nucleari e batteriologiche, ma il sistema di comunicazione
globale, dalle televisioni ad internet e attraverso questo i
terroristi hanno mostrato al mondo la loro guerra, hanno dato
voce e volto ai loro leaders, hanno, insomma, messo in piedi
una campagna propagandistica talmente efficace da risvegliare velleità
censorie nel più convinto liberalismo occidentale[3].
Da
questo momento in poi la guerra si è davvero combattuta su un duplice
binario reale e virtuale e
i
media sono diventati una risorsa bellica da amministrare con
strategica abilità.
Alla
luce di questa riflessione appare ancora più chiaro il significato
che abbiamo letto nelle parole di Croce: E
se la cosa sta così,
- egli scrive - il problema del comunicare con altrui, del
parlare ad altrui, non è quello di dire o non dire il vero, ma di
operare su altrui perché operi: è evidente, oggi, che tutto il
sistema delle comunicazioni, dalle più note emittenti americane alle
emergenti televisioni del mondo arabo, ridotte a servili portavoce, operano
sullopinione pubblica mondiale affinché operi schierandosi
con luna e con laltra bandiera, conoscendo poco o nulla di un
conflitto tanto mostrato ma paradossalmente ancora molto oscuro.
Concludiamo
cogliendo ancora un altro messaggio in questa bella frase di Croce -
per noi ricchissima -, un messaggio di grande speranza che testimonia
la fede del filosofo, sempre vivida nonostante gli orrori del passato
fascismo, in quella fondamentale esigenza, propria anchessa
del comunicare tra
gli uomini e che auspichiamo dominante in quanti si occupano di
diffondere cultura e informazione, che la vita altrui sia promossa,
cangiata o elevata. [1] Cfr. Intervista di Ottavio Lucarelli a Joseph Kosuth in La Repubblica del 06.12.2001, art.: Con Croce realizzo un sogno, il resto lo faranno i napoletani; riportiamo di seguito la domanda e la risposta cui si fa riferimento: Un artista di Toledo, in Ohio, che sceglie uno dei testi di Benedetto Croce meno noti agli stessi napoletani. Come mai questa scelta sorprendente? R. E molto importante la scelta del testo. Un testo poco conosciuto, è vero. Una delle opere di Croce meno note anche ai napoletani. Un testo importante che, tra laltro, lancia un messaggio universale. Un messaggio che va interpretato anche come un segno di pace e di dialogo tra culture diverse dopo quanto è avvenuto con lattentato alle torri di New York e la guerra in Afghanistan. [2] Il concetto, in campo artistico, è ben spiegato - sebbene a proposito di unaltra forma darte, il cinema - da Francois Trouffault il quale sempre sottolinea limportanza dellinquadratura, appunto, come giudizio etico fondamentale del regista, come sua presa di coscienza rispetto alla tematica affrontata. [3] Rimandiamo, per il discorso sui media e la guerra in Afghanistan, al lavoro di Andrea Postiglione, studente del corso di Media and its trasformation presso lEuropean School of Economics di Napoli, che pubblichiamo, in parte, in questo numero.
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