Filosofia Italiana

 

L'erbario

Giornale Wolf

 

Nuova Rivista Cimmeria

 

Lo spirito critico come fondamento del liberalismo in Croce ed in Popper

di Clementina Gily

Il 2002 è stato anno di anniversario per Benedetto Croce e per Karl Raymund Popper, vari convegni li hanno celebrati. Ciò dimostra, con validi contenuti culturali, che questa consuetudine del tempo dell’effimero, non va sminuita; ci sono anniversari un po’ tutti gli anni, ma ci si ricorda solo di alcuni - sono spesso solo l’occasione per ricordare quel che va ricordato.

Nel caso di Croce e di Popper onoriamo l’anniversario con una ripresa, a distanza di molti anni, della riflessione[1] sulla loro convergenza, segnalata dagli studi di tanti crociani [2] talvolta nel paragone esplicito [3]. Qualificare è quel che interessa, per capire la loro convergenza nel pensiero liberale, che non fu casuale né dovuta a motivi estranei al pensare; una simile qualificazione può essere anche di spunto alle riflessioni di oggi. Le loro distanziate sponde convergono, e non solo in politica, per la comune idea del pensiero come essenzialmente critico, e dunque una idea profondamente liberale. Essa contiene un’idea della ragione forte, che si afferma nel negare e nel provare, che delinea il fulcro del liberalismo, contribuendo a dissipare le nebbie che lo sovrastano per via del suo costituzionale anarchismo e spirito poetico, che lo rende renitente alle regole: mentre ne hanno persino i giochi. Il pensiero critico consiste così di una serie di affermazioni cementate dal dubbio e dalla scelta, che si attestano in consistenza di sistema e possono delimitare campi d’azione privi di indecisione e motivati ideologicamente.

In Croce ed in Popper c’è proprio questo, non un’esaltazione della libertà acritica, buona per ogni gloria, nel pensiero liberale come nel pensiero teorico, ma una interpretazione personale, coscientemente storica. Che aggiunge qualcosa agli illuministici motti sulla garantire la possibilità ad ognuno di dir la sua: la prospettiva del pensiero razionale, che si potrebbe ulteriormente precisare con Habermas ragionando sull’uso pubblico della ragione.

 

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L’autore della Miseria dello Storicismo[4]  ed il teorico dello Storicismo assoluto[5], non sembrano a tutta prima avere altro in comune che l’idea politica: l’uno scienziato, l’altro storico sino alle cronache di “Napoli Nobilissima”[6]; l’uno, epistemologo, reputa sia uscire dalla teoresi parlare di filosofia, l’altro, filosofo, ritiene lo sia parlare di scienza; l’uno elabora la teoria della legge scientifica, l’altro definisce gli elementi delle scienze pseudoconcetti; in modo corrispondente, c’è amore aut odio per Russell, Stuart Mill, Hegel, Platone… Sono perciò orizzonti lontani che non si prestano al raffronto, ma si può tentare la traduzione, il raffronto al senso – il che è operare filosoficamente - più che filologicamente. Memori del fatto che non solo Croce, ma anche Popper approverebbero: Popper riteneva che “la specializzazione può essere una tentazione per lo scienziato, per il filosofo è un peccato mortale” [7].

 

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Croce e Popper non si citano – persino quando Popper parla tanto di storicismo, precisa esplicitamente di non riferirsi a Croce:

“Il lettore italiano noterà subito che Croce non è affatto menzionato. La ragione è che ammiro molto Croce, specialmente per il suo comportamento durante il fascismo, e poi che non ne so abbastanza su di lui per poterne dire qualcosa che valga la pena. Sono certamente d’accordo non solo col suo liberalismo ma anche con il suo atteggiamento critico verso il positivismo: sono invece in disaccordo col suo hegelismo. Perciò, devo lasciare ad altri il compito di analizzare quanto siano coincidenti o divergenti il suo uso ed il mio del termine ‘storicismo’. Ad ogni modo non credo che il nomen di ‘storicismo’ sia molto importante. (Devo anche dire che ho distinto tra ‘storicismo’ e ‘istorismo’, ma quella fu una distinzione evidentemente sfortunata perché solo pochi lettori molto attenti l’hanno avvertita)” [8].

Popper, quindi, parla di storicismo intendendo la filosofia della storia [9], cioè quel che anche Croce criticava [10], hanno in mira entrambi gli storicismi del 800 e 900, stretti tra ideologie e sociologie. Difatti Popper, come Franchini[11], introduceva una doppia denominazione, per evitare gli equivoci. Perché Popper e Croce pregiano nella storia la concretezza di osservazione e il discrimine delle crisi, la scepsi positiva che disegna lo ‘stato normale di una scienza razionale altamente sviluppata’[12]; condannano, invece, la tendenza ad oltrepassare la concretezza con leggi storiche e previsioni (ideologie e scienze sociali – si deve spiegare, non profetizzare: l’utopismo è un razionalismo sbagliato [13]). Le leggi storiche sono ‘metafore malappropriate’ [14]: cui lo scienziato sostituisce una scienza vera, non oracoli, che proceda per prove ed errori, a spizzico – affermazioni falsificabili [15]. Il credere nella verità come scienza non esclude altre considerazioni; così in Croce, la verità filosofica lascia spazio ad altre distinte positività della vita dello spirito [16]. Ed è proprio questo il punto da porre sotto il riflettore.

S’intende così perché parlavamo dell’importanza della traduzione per intendere il rapporto, perché la lettera delle parole può dire il contrario del senso, il contrasto può svelare somiglianze.

 

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Nella conoscenza estetica abbiamo un dissenso palese. Popper nomina Croce insieme con Collingwood, per criticare la teoria dell’arte come espressività – teoria essenzialista centrata nella domanda che cosa è l’arte? Le tesi essenzialiste concludono alla povertà del concetto. 

“La mia critica principale di questa teoria è semplice: la teoria espressionista dell’arte è vuota. Infatti tutto (…) è espressione di uno stato interno, di emozioni, o di una personalità” [17].

Accusare l’estetica crociana di essere povera, poco ricca di elementi d’analisi, è palesemente fuori bersaglio – si chiede cos’è l’arte il Croce del Breviario [18], ma si risponde che “è ciò che tutti sanno che cosa sia” [19]. Nonostante la tendenza alla definizione del bello, non c’è la tendenza a ridurre tutto ad un’unica dimensione, arte è per il Croce de “La Critica” fare analisi nel concreto, pregiando l’Opera e non l’espressione di sé. Sul che concorda Popper quando argomenta:

“Bach nella sua opera dimentica se stesso, è un servo della sua opera” mentre Beethoven è spesso “consapevole di esprimere se stesso e perfino i propri umori” di esprimere la propria soggettività, perché “la dottrina dell’arte come espressione di sé è assolutamente banale” [20]. L’uomo di genio (che dimentichi l’umanità che esprime…) trova la sua punizione nel diventare, o nell’apparire, alquanto ridicolo. Tale il genio del periodo romantico, tale il superuomo dei tempi nostri (…). Nell’atto estetico l’attività espressiva non si aggiunge al fatto delle espressioni, ma queste vengono da esse elaborate e formate” [21].

Anche per questo versante ad una palese distanza nei termini corrisponde nel senso il dialogo.

 

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Veniamo ai concetti della scienza. Croce fonda la propria visione sulla visione del concetto scientifico come utilitario, tratta dall’empiriocriticismo: proprio quel che Popper rifiuta. Empiriocriticismo e Popper sono però sulla stessa linea di critica del positivismo, più propriamente dello scientifismo, sebbene con tesi in sviluppo. Per una scienza aperta al colloquio con la fantasia, come era anche per le correnti vitalistiche ed energetistiche che convincevano altri idealisti [22]. Croce dialogò con l’empiriocriticismo, attuale nel momento della sua riflessione sul tema, per combattere quella idea di attualità meccanicistica ch’era dello scientifismo, mentre Popper nega l’ esperimento e la apoditticità delle leggi, la meccanicità delle osservazioni: la scienza è “avventura d’idee” non aliena al gusto estetico.

“La scienza occidentale – e non sembra ve ne sia un’altra – non prese l’avvio dall’accumulazione di osservazioni sugli aranci, ma da audaci teorie intorno al mondo”[23], dove  “la scienza (è) intesa non più come ergon  bensì come energheia” [24].

Posizione affascinante che non cambia nemmeno quando Popper procede ai suoi sviluppi oggettivi, disegnando una visione della scienza che vuole dialogare con la filosofia non epistemologica.

 

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Se tutto ciò è vero, si tratta di trovare il fondamento di tante nascoste convergenze: ed è l’elemento centrale delle due dottrine, la distinzione in Croce, la demarcazione in Popper. Per entrambi, la qualificazione del positivo grazie ad una limitazione, kantianamente, garantisce la validità di un universale, sia esso un concetto puro o una legge scientifica. Entrambe hanno il pregio di garantire un percorso di razionalità, la distinzione crociana porta la qualificazione concettuale, la demarcazione la capacità di un costrutto di reggere coi suoi falsificatori potenziali alla messa in prova della teoria, che può corroborare una tesi oppure falsificarla.

Desideravo stabilire una distinzione fra scienza e pseudoscienza [25] dice Popper con linguaggio crociano. La demarcazione è uno dei due problemi del conoscere ed è “quello che merita il maggior interesse, perché (ad esso…) possono essere ricondotte tutte le altre questioni della teoria della conoscenza e perciò anche il problema dell’induzione (…). La teoria generale della conoscenza diventa (….) una teoria generale del metodo della scienza empirica, non la maniera della scoperta bensì della fondazione [26].

L’applicazione contemporanea di queste due metodologie può portare chiarezza nella filosofia politica, dove talvolta lo sforzo di qualificazione concettuale è sufficiente per orientarsi nei problemi, talaltra solo il controllo dei falsificatori potenziali può rendere chiara la necessità di abbandonare ovvero di continuare una linea d’azione. Traendo gli insegnamenti dalla storia: il che Croce negava, negando il proverbio dell’historia magistra vitae, perché più attento alla storia passata che alla storia viva. Una curiosa inversione, tra chi apprezza la storia e chi la rifiuta.

Popper considera scientifica la conoscenza ‘ipotetico-deduttiva’, segue il “metodo dell’ipotesi”, perché non consegue la certezza assoluta per nessuna delle tesi scientifiche che vorrebbe provare sperimentalmente” [27]. Un metodo storico, filologico e critico, come il crociano [28], legato al linguaggio:

“Personalmente, io ho solo vaghe immaginazioni visive (…) penso, piuttosto, in termini di schemi, di disposizioni a seguire una certa ‘linea’ di pensiero, e spessissimo penso in termini di parole![29]

La centralità assoluta della qualificazione, di chiara origine kantiana, conduce alla scoperta di varie positività della vita dello spirito, non gerarchiche, non identificabili con fasi più perfette e meno, da qualificare in modo adatto. Questo fa sì che le convergenze siano meno infondate di quel che può parere e rende naturale la scelta liberale. Croce proviene da Kant in tutte le sue ascendenze formative, Popper disse

“fu al tempo in cui leggevo la prima Critica di Kant, ripetutamente. Decisi  subito che la sua idea centrale era che le teorie scientifiche sono costruite dall’uomo e che noi cerchiamo di imporle al mondo” [30].

Croce accetta per la scienza e non per la filosofia che il concetto sia convenzionale. Popper che solo nello storicismo abbiano valore tesi ad hoc, che Lakatos e Feyerabend estendono alla scienza. Popper critica la logica induttiva ma non nella linea di convenzionalisti (i “due maggiori deduttivisti moderni [31], Duhem e Poincaré – cari a Croce) perché occorre affermare la teoreticità del concetto scientifico, il valore della verità[32]. Senza ignorare però l’importanza in essa dell’arte, che è il momento della scoperta:

la conquista di Anassimandro è apprezzabile in se stessa come un’opera d’arte [33]. Però “un sistema empirico deve poter essere confutato dall’esperienza [34], il suo valore di teoria scientifica deve giungere ad una legislazione.

Pensare la nuova gnoseologia oltre le strettezze del Circolo di Vienna non può voler dire togliere alla scienza la tensione alla conoscenza, ma reimpostarla secondo falsificabilità e corroborazione, demarcando la scientificità di una dottrina come verità. Senza escludere il resto.

Anche Croce pone unica via del conoscere, filosofica, antidogmatica, non definitiva, sempre in moto su se stessa, che assicura la verità senza ignorare l’importanza del resto. Nell’uso pubblico - universale della ragione la dimensione si assicura come modello di verità cui tutti si può fare riferimento, lasciando corpo alle altre strade che, se non sono sapere, sono valore spirituale.

Croce e Popper, perciò, restano curiosi della diversità, non esitano all’incoerenza per inseguire la verità: Popper s’interroga sulla storia, che segue una

 “diversa linea di interesse” dalla generalizzazione, una “logica della situazione [35]: “Il compito dello storico è perciò ricostruire la situazione problematica come apparve all’agente di modo che le azioni dell’agente divengano adeguate alla situazione “ [36]. Un modo molto simile alla politica a spizzico, nonostante la concezione classica di Popper sulla storia[37]. Che riesce a costruire una logica della situazione di grande efficacia: “non vi è osservazione che non sia correlata a un insieme di situazioni tipiche – regolarità – tra cui tenta di trovare una decisione [38]. La scelta morale è solo “aiutata da qualche genere di argomentazione [39]:

In Croce, la teoria prepara ma non determina l’azione, in Popper c’è dualismo tra fatti e decisioni, l’uomo elabora la teoria come ”illusione reale [40] e “tradizioni critiche differenti [41]. Dipende, come per lo storicismo, dal metodo, non dagli oggetti.

La positività del diverso fa sì che Popper [42] escluda una fonte privilegiata del conoscere [43]:

La nostra conoscenza ha fonti di ogni genere, ma nessuna ha autorità, non vi sono criteri oggettivi” [44], l’esperienza non è tutto. Inoltre ha valore la ricerca metafisica: “Quelle teorie che sono situate, per così dire, su un livello di universalità troppo alto, cioè, quelle teorie che sono troppo lontane dal livello raggiunto dalla scienza controllabile del momento – danno forse origine a un sistema metafisico (…). La prima teoria fisica della materia, la teoria atomistica di Democrito fu una meravigliosa conquista [45].

Popper garantisce la sua epistemologia con il criterio di falsificabilità: che non è confutabile perché non è un’ipotesi ma “tesi filosofica” di una “falsificabilità definitiva”[46]. Si distingue nel non abolire il negativo, come fece Wittgenstein, suscitando la polemica di Popper [47]

se pensavo che non esistevano autentici problemi filosofici, non potevo certo essere un filosofo (…) Ritengo che la vera causa della dissoluzione del Circolo di Vienna e del positivismo[48] logico non è data dai suoi tanti problemi: il concentrarsi sulleminuzie (…) e specialmente  sul significato delle parole; in breve, il suo scolasticismo” [49].

Costruirà infine la possibilità di pensare nuovamente oggettivo il pensiero critico: una battaglia per privilegiare la “preferenza critica e non la credenza” [50], l’obbedienza teoretica alla verità e non la confusione pragmatista. Giungendo a porre il mondo dello spirito come mondo 3  che si aggiunge ai due reali classici di materia e spirito. La correzione realista vale a dare  all’osservatore il suo vero ruolo, evitandone un protagonismo fuori senso: egli

“gioca un ruolo importante ma solo molto ristretto (….). L’idea del terzo mondo è di interesse per una teoria della comprensione che miri a cambiare una comprensione intuitiva con l’oggettività della critica razionale”[51]. L’ideale è reale oggetto e corpo, opere e monumenti, idee e volumi, storia ideale e reale, oggetto di discussione razionale[52]

come per Croce l’universale, nella diversità costante delle teorie. Perché quel mondo solido di libri[53], che suggerisce correzioni segna la stessa involontarietà della teoremi che Kant e per Croce dicevano universale. Popper va forse verso un realismo medievale, che però resta ‘ideale regolativo’, se è vero che “sia meglio non parlare di dati sensoriali come primari [54]. Il senso si impone alla mente, il vero umano e storico, frutto del tempo e diveniente, è sempre Vero. Criticamente inteso, criticamente da intendersi. Come Croce è convinto che solo l’interpretazione possa dare senso alle cose superando la sensibilità dell’autore, donde il vero senso dello studio è nell’approfondimento filologico guidato dal senso, così Popper dice :

Chi “produce una teoria può assai spesso non comprenderla”. Perciò “comprendere una teoria è qualcosa come un compito infinito” [55].

L’essenzialismo può forse essere stato introdotto perché ci permette di individuare un’identità nelle cose che mutano [56].

Del pari, per Croce la qualificazione non è ignoranza del diverso. Non solo è un pensatore di Estetica e di Pratica, ma non disconosce nemmeno il valore della scienza, talvolta va al recupero della teoreticità [57], concetti e pseudoconcetti convivono, nella scienza e nella filosofia, con diverso protagonismo: la scienza può conoscere nel momento in cui divide l’attività razionale; la via del conoscere, dunque, non passa per la credenza in una legge scientifica.

Distinzione e demarcazione rifiutano insieme l’assertorietà legiferante delle scienze dello spirito ed il pragmatismo, affermando comunque il pensiero critico contro le scienze umane[58] in una lotta per la Ragione come responsabilità del sapere, contro sia il ”tradimento dei razionalisti” cui “si è sostituito il tradimento degli irrazionalisti” [59], il pensiero massificato. L’uomo nella scoperta del senso comune, ha travalicato la misura, dimenticando la luce critica della ragione, che si schiude nella solitudine.

 

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Entrambi hanno nella scelta liberale un deciso rifiuto della violenza, in ogni stadio della storia, anche ideale, in ogni sua forma, come la scelta del gradualismo per garantire la visione politica. In Popper il rifiuto della violenza è addirittura la motivazione della critica al marxismo, in quanto implicito nel concetto di rivoluzione (mentre in Croce si centra sul paragone istituito da Marx con una società ideale [60] ed il concetto del plusvalore). In Croce il rifiuto netto della violenza porta la bella distinzione di forza e violenza  [61].

Entrambi si coinvolsero nel marxismo per abbandonarlo, per Popper è condanna dell’olismo, di una concezione integrale [62] analogo alla ripulsa di Croce per i sistemi panlogici di Hegel e Marx. Croce si allontanò dal marxismo non come Popper, dopo appena tre mesi – ma si era nel 1898, si dialogava con Antonio Labriola. Analogo anche il risultato teorico, la critica è un rifiuto politico, un’accettazione del positivo, le osservazioni marxiane sono valide analisi storiche, che fondano l’economia e l’analisi sociologica. Convinzione che li conduce al comune polemizzare con psicologia e sociologia: ciò porta vicinanza alle tematiche di Marx mentre li allontana, paradossalmente, ad esempio da John Stuart Mill.

Sempre in tema di storia, è utile anche ricordare la convergenza stimolante sulla differenza tra cronaca e storia, nota tesi crociata fondante la storia nell’interesse del presente [63]. Per Popper la storia se non vuole essere “sommersa da un materiale povero e sconnesso” occorre che sia “selettiva”; ma non con la legge, come le scienze, le occorre invece un “punto di vista selettivo preconcetto, cioè scrivere quella storia che c’interessa (…) Le argomentazioni metodologiche più feconde sono sempre ispirate da qualche problema pratico che sta di fronte allo studioso impegnato nella ricerca scientifica”. La sua storia dello storicismo è infatti una “storia piuttosto speculativa” [64].

Ancora, in Popper c’è persino l’accenno ad una possibile laica “religione fondata sull’ideale della responsabilità umana e della libertà della coscienza”[65] . Ricordando i temi della religione della libertà e del Perché non possiamo non dirci cristiani[66], religione laica dell’impegno civile.

E’ comune ancora la fede nella battaglia dell’uomo di pensiero, Popper dice di esplicarla nella ricerca: “La miseria e La società aperta furono la mia fatica di guerra. Pensavo che la libertà potesse ancora una volta diventare un problema centrale” [67]; Croce, d’altronde, fu filosofo antifascista che va in esempio della civile opposizione ai regimi dittatoriali dal 1924 a tutto il 1945, contribuendo poi al rinascere della libertà nel paese, nonostante l’età ormai avanzata.

 

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La frase conclusiva del nostro discorso, in conformità al carattere di questa lettura, vogliamo sia un’ultima convergenza, che sottolinea l’aspetto della filosofia della ragione forte. Allo sforzo di Croce della Storia come pensiero e come azione di pensare le categorie come potenze del fare [68], per togliere al tempo nostro l’impressione di far chiacchiere quando si parla di valore, bene risponde l’appello popperiano ai valori.

“Credo che i valori entrino nel mondo con la vita (…). Il nucleo più intimo del mondo  3, così come io lo vedo, è il mondo di problemi, delle teorie e della critica. Benché i valori non appartengono a questo nucleo, esso è dominato da valori: i valori della verità oggettiva e della sua crescita. (…) Uno dei gravi errori della filosofia contemporanea è quello di non riconoscere che queste cose – nostre creature – presentano anche un aspetto oggettivo” [69] 

Ed il valore più grande da loro riconosciuto è certamente nella libertà, nello spirito critico, nel pensiero liberale.


[1] Cfr. C. Gily, Croce e Popper, in “Riscontri” 1988, X, 1-2, pp. 81 – 99.

[2] Gli autori crociani che hanno scritto su Popper sono per esempio G. Cotroneo, Popper e la società aperta, SugarCo, Milano 1981; F. Focher, I quattro autori di Popper, Angeli, Milano 1982, R. Franchini, Critica delle crisi, Cadmo, Roma 1986, pp. 174, 74.

[3] Lo fa E. Paolozzi, Croce e Popper, due punti di vista laici, in “Nostro Tempo”, 1979, 1, pp. 2-7; Falsificazionismo e antistoricismo in K.R.Popper, in “Prospettive Settanta” 1986, 1, pp. 51, 66.

[4] K.R.Popper, Miseria dello storicismo, Feltrinelli, Milano 1978 (1957).

[5] B. Croce, Il carattere della filosofia moderna, Laterza, Bari 1941. Cfr. La storia come pensiero e come azione, Laterza, Bari 1938, uno dei più bei libri di riflessione storica del Novecento, per passione intima, lucidità intellettuale, compostezza formale.

[6] Cfr. B. Croce, Storie e leggende napoletane, Adelphi, Milano 1990 (1919), Vite di avventure di fede e di passione, Adelphi, Milano 1989 (1935), veri evergreen sempre in commercio.

[7] K. R. Popper, Congetture e confutazioni, Il Mulino, Bologna 1972 (1969), pp. 726 e 236.

[8] K. R. Popper, Miseria dello storicismo, op.cit., pp. 146 e 9.

[9] Cfr.  I. Cubeddu, Storismo e razionalismo critico, ESI, Napoli 1980, pp. 17-27, che sottolinea le divergenze.

[10] B.Croce, Materialismo storico ed economia marxista, Laterza, Bari 1898.

[11] R. Franchini, Esperienza dello storicismo, Giannini, Napoli 1966 (1953), p. 336: in Id. Critica delle crisi, op. cit., confessa “l’attrazione che il pensatore austro-inglese ha sempre esercitato su di lui e le suggestioni che i suoi scritti gli hanno sempre offerto, come in  Il diritto alla filosofia, SEN, Napoli 1982, p. 439 e 89-90.

[12] K. R. Popper, I due problemi fondamentali della teoria della conoscenza, Milano 1987 (1979), pp. 548 e XVI – l’opera è del 30-33, è l’edizione integrale della Logica della ricerca scientifica, Einaudi, Torino 1970 (1934), prima dei tagli di P. A. Schlipp: il brano è di una lettera del ’32, che nel 78 Popper ricorda nell’Introduzione

[13] Congetture e confutazioni, cit. cap.18 (Utopia e violenza)

[14] Ivi, p. 109.

[15] G. Cotroneo, Popper e la società aperta, op.cit., sottolinea a p. 60 l’unicità del metodo seguito.

[16] B.Croce, Logica come scienza del concetto puro, Laterza, Bari 1909.

[17] K. R. Popper, La ricerca non ha fine. Autobiografia intellettuale, Armando, Roma 1976 (1974), pp. 250 e 64.

[18] B. Croce, Breviario di Estetica,Adelphi, Milano 1994 (1913).

[19] Ivi, p. 15.

[20] K.R.Popper, La ricerca non ha fine. Autobiografia intellettuale, Armando, Roma 1976 (1974), pp. 65 e 73.

[21] B. Croce, Estetica, Laterza, Bari 1965 (1902), pp. 563 e 18-9.      

[22] V. ad esempio De Ruggiero, Filosofi del Novecento, Laterza, Bari 1933.

[23] K. R. Popper, Congetture e confutazioni, op. cit., pp. 166 e 237.

[24] F. Focher, I quattro autori di Popper, op.cit., p.80.

[25] K. Popper, Congetture e confutazioni, op. cit., p.62

[26] K. Popper, I due problemi fondamentali della teoria della conoscenza, Milano 1987,  pp.3-5.

[27] K. R. Popper, Miseria dello storicismo, op. cit., p.118. Cfr. cap. 29 Unità di metodo.

[28] K. R. Popper, Logica della scoperta scientifica, op. cit., pp. 549 e XXIII (Prefazione del 59).

B.Croce, Il carattere della filosofia moderna, Laterza, Bari 1941.

[29] K. R. Popper, La ricerca non ha fine, op. cit., p. 187

[30] Idem, pp.62,  29, 45.

[31] K.R.Popper. Miseria dello storicismo, op. cit., pp.118-9

[32] K.R.Popper La logica della ricerca scientifica, op. cit., p.306 cap. V inizia dalla critica del trilemma da cui veniva lo psicologismo di Freis, Per il pragmatismo v.a. Tre punti di vista sulla conoscenza umana, in Scienza e filosofia, Einaudi, Torino 1969, p.218.

[33] K.R.Popper , Congetture e confutazioni, op. cit.,  p.243.

[34] K.R.Popper , Logica della ricerca scientifica, op. cit., p.22.

[35] K.R.Popper, La società aperta e i suoi nemici, Armando, Roma 1973 (1943) voll.2, vol I pp.485-588; vol II pp. 347-348.

[36] K.R. Popper, Congetture e confutazioni, op. cit., p. 245

[37] “La storia è caratterizzata dal suo interesse per gli avvenimenti reali, singolari o specifici, piuttosto che per la sue leggi e le sue generalizzazioni (…). Tali punti di vista selettivi hanno nella storia delle funzioni sotto molti rispetti analoghe a quelle delle teorie nelle scienze, ma non sono confermabili, dunque se non può essere formulato come una ipotesi sperimentabile, lo denomineremo una interpretazione storica. Lo storicismo confonde interpretazioni e teorie” K. R. Popper, Miseria dello storicismo, op. cit., pp. 127, 132-133.

[38] K. R. Popper, Conoscenza oggettiva, op. cit., p.101

[39] K. R. Popper, La società aperta e i suoi nemici, op. cit., vol II p. 306.

[40] K. R. Popper, Congetture e confutazioni, op. cit., p.396.

[41] ivi, p. 383.

[42] R. Franchini, mette in luce nel tracciare Le origini della dialettica, Giannini, Napoli 1960, come il diverso sia tematica antica quanto caratteristica della dialettca

[43] L’incontro con le tesi di Tarski poi consentirà a Popper di ritrovare la possibilità di pensare la corrispondenza di concetti fatti, dando luogo ad un positivismo critico: ”Tarski (…) aveva finalmente riabilitato la tanto calunniata teoria della verità come corrispondenze (….). Una volta che abbiamo capito la distinzione tra un linguaggio oggetto e un metalinguaggio (semantico) – in cui possiamo parlare di fatti e di proposizioni – non ci sono più difficoltà di rilievo nel comprendere come una proposizione possa corrispondere a un fatto” K.R. Popper, La ricerca non ha fine, op. cit., p.102

[44] K. R. Popper, Congetture e confutazioni, op. cit., pp.48 e 58 e anche Le fonti della conoscenza e dell’ignoranza in Scienza e filosofia, Einaudi, Torino 1969, p.218.

[45] K. R. Popper, Logica della ricerca scientifica, op. cit., p.306; Congetture e confutazioni, op. cit., pp.139, 143.

[46] Idem, pp. XXVII, XXIX.

[47] Idem, cap.1 p.4.

[48] Il positivismo critico proposto da Popper disegnerà in senso diverso la nuova teoria dell’evoluzione (Conoscenza oggettiva, op. cit.,  p. 383) proporrà pur sempre “il problema della cosmologia (…) comprendere il mondo (…non) semplici enigmi linguistici; (…) risolvere i problemi. (…) il nostro compito principale come filosofi è, penso, quello di arricchire la nostra rappresentazione del mondo aiutando a produrre teorie immaginative e al tempo stesso argomentative e critiche, preferibilmente di interesse metodologico” Logica della ricerca scientifica, op. cit., p. XXI (Prefazione del 59), 117.

[49] K. R. Popper, La ricerca non ha fine, pp.122, 93.

[50]K. R. Popper, Epistemologia razionalità e libertà, Armando, Roma 1972 pp.135 e 8. Il volume raccoglie due saggi che precedevano Conoscenza oggettiva, op. cit.

[51] K. R. Popper, Conoscenza oggettiva, pp. 103, 245. Per il tema, cfr. K. Popper J. Eccles, L’io e il suo cervello, Armando, Roma 1981 (1977) vol III p.716.

[52] “propongo di considerare la mente umana innanzi tutti come un organo che produce oggetti dell’umano mondo 3 (…) e che con questi interagisce. “Qual è lo status ontologico di questi oggetti del mondo3 ? (…) sono diventato un realista (…) c’è sempre la teoria in sé, e qualche altro può capirla e correggermi” K. Popper, La ricerca non ha fine, op. cit., pp. 194, 188, 190.

[53] Inseguendo un concetto “sovente mi colgo in errore nella persuasione di ‘possederlo’, di avere afferrato chiaramente un pensiero; quando cerco di metterlo per iscritto, mi accorgo di non possederlo ancora. Questa ‘cosa’, questo qualcosa che posso non possedere ancora, che posso non essere del tutto certo di possedere prima di averla messa per iscritto o comunque formulata linguisticamente in modo così chiaro da poterla criticamente esaminare sotto i vari aspetti, questa ‘cosa’ è il pensiero in senso oggettivo, l’oggetto del mondo 3 che sto cercando di afferrare” Idem, p.187.

[54] K. Popper J. Eccles, L’io e il suo cervello, op. cit., p. 529.

[55] K. Popper, Conoscenza oggettiva, op. cit., p. 394. Il secondo brano è di Congetture e confutazioni, op. cit., p.394.

[56] K. Popper, Miseria dello storicismo, op.cit., p. 43.

[57] G. Cotroneo e E. Paolozzi, op.cit. indicano i testi di Croce, Franchini, Ippolito, che possono precisare l’argomento dal punto di vista degli storicismi.

[58]“forse la più importante (…consiste nell’impossibilità) di adottare nelle scienze sociali il metodo che possiamo chiamare di costruzione logica o razionale, o magari il ‘metodo dello zero’” K.R.Popper, Miseria, op. cit., p.126. Per la simile lotta di Croce, sembra inutile citare oltre la Logica come scienza del concetto puro, Laterza, Bari 1909.

[59] K.R.Popper, Logi ca della ricerca scientifica, op. cit., p.XIII; è la prefazione del 1970.

[60] Cfr. G. Cotroneo, Popper e la società aperta, op. cit., espone le questioni dello storicismo.

[61] B.Croce Politica in nuce, in Etica e Politica, Laterza, Bari 1924, Popper Miseria dello storicismo, op. cit.

[62] K. R. Popper, Miseria dello storicismo, op.cit., p.121.

[63] B. Croce, Teoria e storia della storiografia, Laterza, Bari 1917.

[64] K. R. Popper, Conoscenza oggettiva. Un punto di vista evoluzionistico, Armando, Roma 1975, p. 495.

[65] K. R. Popper, Conoscenza oggettiva, op.cit.,  p. 101.

[66] B.Croce, Storia d’Europa, Laterza, Bari 1933, Perché non possiamo non dirci cristiani, Laterza, Bari 1944.

[67] K. R. Popper, Miseria dello storicismo, op.cit., p. 132.

[68] B. Croce, La storia come pensiero e come azione, op. cit..

[69] K.R.Popper ,La ricerca non ha fine, op. cit., pp.200-1