CONGEDO
Par che la vita mia
Omai debba finire
Con pianti e con sospire,
ch’a me conviene gire a l’estrania
(Ballata Popolare, XIV sec.)
Nobile Signore,
come omai tempo addietro parole mie Vi fecero avisato, in ragion d’una farragine d’accadimenti de cui or non faccio conto poi che rinnoveggerei, nobile Signore, nel core quanto la signoria Vostra sape per aver da prima praticato, supradetto scrivano, serrato che fu a spengere li giorni suoi ove non sa – da colà, eppur più giusto sarea dirVi da ovunque, o nobile Signore, in grazia d’ umilitade Vi domanda d’esser bandito fora da ogne loco al fin d’espiare l’ambasce sua forastiero dal potentato di Voi che, sanza che colpa s’accerti, di pena mi nutricate. Vogliatemi concedere ogimai una soffitta, nobile Signore, perch’i possa offerire ‘l senso de le altezze che ricolsi; che la detta sia pulverosa, stinta, su le mura pendano ganci e altri istrumenti a signalare lo trapasso mio fora del Vostro mondo, da poi ch’esso m’è serrato; aggia una fenestra sola sporta d’uopo a luce di cero e quel cero sia la farragine che Vi dicea; stia dabbasso il moccolo e a strapiombo stieno vitrate di detta fenestra, al fin che tutto l’abbruciato monti insino al loco dal supradetto scrivano solo populato e ricavar ne poss’io dolze profumo di morte.
Servo affectionatissimo, M.