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l'«Euridice», o della tragedia in musica di Gaspare De Caro

Al confronto con le riprese melodrammatiche secentesche del tema di Orfeo è forte la tentazione (vale anche per la partitura di Peri) di ricondurre il libretto dell’Euridice di Ottavio Rinuccini alla categoria ermeneutica della fiorentinità, argutamente opposta da Mario Praz a quella di barocco; i due termini «per vaghi e mal definibili che siano in sé, sembrano proprio definirsi e assumere concretezza allorché si pongano accanto: per contrasto si escludono, sicché ‘barocco’, per quante cose voglia dire, una non ne dice di certo, ‘fiorentinità’ e, per converso, chi ‘fiorentinità’ dice, dice parecchie cose, sì, e chi più ne ha più ne metta, […] ma […] una sola cosa non può mettere, ‘barocco’». Riassumendo icasticamente questa irriducibilità Praz opponeva all’esuberanza curvilinea di Pulcinella la maschera filiforme, quasi giacomettiana di Stenterello, simboleggiante nella striminzita figura il genio della sua città: una essenzialità avara, una sobrietà aridamente geometrica, un’economicità espressiva i cui «effetti sono in proporzione inversa dell’imponenza dei mezzi adoperati». Sembra appunto plausibile ricondurre a questo canone la lettura che il libretto di Rinuccini dà del mito di Orfeo, prosciugandone le fonti classiche e moderne sino a distillarne creativamente un senso che quelle non includono. All’opposto delle proliferazioni narrative degli Orfei barocchi l’Euridice ritaglia drasticamente l’intreccio della Fabula del Poliziano, che anche nell’anonimo rifacimento quattrocentesco dell’Orphei Tragoedia costituisce la sua fonte più diretta. La Fabula attinge ad entrambi gli episodi orfici evocati dalle Metamorfosi, la discesa nell’Ade per il frustrato riscatto di Euridice e lo scempio di Orfeo ad opera delle baccanti, contaminando il primo tema con la vicenda di Aristeo, dalle Georgiche. Da questo copioso intreccio, che Alessandro Striggio ripete per l’Orfeo di Monteverdi – aggiungendovi la variante del secondo finale con Orfeo assunto in cielo, da altro luogo del Poliziano, la «sylva» Nutricia – e Francesco Buti ulteriormente dilata nel lussureggiante barocco barberiniano dell’Orfeo di Luigi Rossi, il libretto di Rinuccini deriva soltanto il primo episodio di Ovidio, senza più giustapporvi il tema dell’amore infelice di Aristeo e con la variante della restituzione di Euridice. Di conseguenza vengono espunti alcuni essenziali motivi del testo del Poliziano: la rovinosa dismisura dell’amore, la misoginia e l’opzione efebica e ogni simbologia imputabile allo scempio di Orfeo ad opera delle menadi. L’unilineare sobrietà fiorentina del percorso narrativo dalla morte alla restituzione della ninfa già sottilinea l’importanza centrale del solo episodio su cui il libretto insista di più e più innovativamente rispetto alle sue fonti: l’incontro di Orfeo con gli dei inferi e la disputa a più voci sulla sovranità e la legge dell’Ade.

  Altre opere di rilevante importanza sono quelle di Gluck e Monteverdi.

 

Orfeo il mito la musica

 Orfeo. Il mito, la Musica. Percorsi tra musicologia e antropologia musicale. A cura di Stefano A.E. Leoni
Atti delle giornate di studio Orfeo, il mito, la musica. Alessandria, 24-25 novembre 1999

Maja, Torino, Ed. Trauben, 2002 pp. 207, Euro 15,00
ISBN 88-88398-04-X

Il 24 e 25 novembre 1999 si sono tenute ad Alessandria due giornate di studio dal tema: Orfeo, il mito e la musica.
Questo volume intende raccoglierne gli Atti disegnando un percorso che dalla musicologia si allarga all'epistemologia, all'etnologia, agli studi di letteratura e arti applicate e all'estetica. Il nucleo di queste riflessioni, quindi, riguarda l' eterno mito di Orfeo, visto come simbolo della potenza e delle meraviglie esercitate dalla musica, ma anche quale riflesso e metafora del mistero religioso e dell'arte, della poesia e della filosofia. Si è trattato di un progetto ambizioso e coraggioso, di cui bisogna dare atto agli organizzatori, anche perchè le intenzioni erano quelle di allargare le prospettiva di indagine a campi apparentemente esterni alle scienze musicologiche come vengono correntemente intese. Si voleva insomma raggiungere lo scopo di offrire un'immagine ricca e stimolante del binomio Orfeo/Musica partendo dalle progressive mitizzazioni e demitizzazioni della figura del poeta-cantore avvicendate nei secoli.

Tre le grandi tematiche che hanno diviso in tornate gli interventi del convegno: una prima incentrata sul Novecento, nel corso della quale la figura di Orfeo è stata messa a fuoco nei suoi risvolti letterari facendo riferimento, per esempio, alla ricca e curiosa personalità di Dino Campana e all'orfismo presente nella sua opera poetica; si è poi passati a trattare la fortuna di Orfeo in campo musicale, prelevando necessariamente alcune campionature dalla massa di riferimenti che tale problema avrebbe richiamato: dalla commmistione di entrambi gli aspetti sotto l'egida di Alberto Savinio, fino ai meccanismi fascinatori ed emozionali della musica. Interessante, la riflessione portata sul valore etico del comporre nel Novecento musicale presentata al termine della prima sessione dei lavori.

La seconda sessione, definita dal curatore d'ambiente, analizza il mito d'Orfeo sotto il doppio profilo antropologico culturale / antropologico musicale. E' sicuramente questa la parte più stimolante degli atti poiché offre ampie panoramiche di riletture, letterarie e teatrali insieme, come ad esempio l'Orfeo di Rilke e Trakl. Incisiva anche la riflessione sull'immagine sia di Medea sia di Euridice, che prende spunto dai lavori di P.P. Bisari, ripercorrendone le icone nella storia del melodramma.

Nella terza sessione, si analizza l'uso e l'abuso delle tematiche legate ad Orfeo e ai poteri incantatori del suo canto nella storia dell'estetica e dell'immaginario musicale tra la fine del XVI e l'inizio del XVII secolo fino a toccare all'Ottocento.

Il limite particolarmente avvertibile in questa sezione del volume è quello di non aver tenuto conto di un necessario aggiornamento di testi e contributi di vario tipo usciti immediatamente dopo la chiusura dei lavori. I curatori avrebbero così offerto un utile aggiornamento al lettore evitando il rischio dell'invecchiamento scientifico. Difetto, peraltro, comune a tanti lavori del genere dovuto spesso al ritardo con cui gli autori consegnano i testi originali e alle comprensibili fatiche redazionali.

Purtroppo manca un indice dei nomi, strumento sempre importantissimo per una più minuta ricognizione storica.