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DRAMMATURGIA MUSICALE

Aurelio Aureli - Antonio Sartorio

L'ORFEO (1673)

 

L'Ovidio trasformato.
Orfeo era stato l'eroe ideale delle Opere dei primi tempi. Dal mito giungeva infatti, alla scena musicale, l'effetto analogico corrispondente ai significati allegorici sia della creazione musicale stessa che dei suoi poteri sovranaturali. Confrontando le due fonti principali, Ovidio e Virgilio, notiamo che il secondo include l'antagonismo di Aristeo, ma che ambedue drammaticamente risolvono il mito nel momento in cui Orfeo, grazie alla efficacia del suo canto, riesce a commuovere le divinitā infernali e ad ottenere il ritorno della amata Euridice.

Aureli, il librettista dell'Orfeo veneziano di Antonio Sartorio, era stato un poeta teatrale molto prolifico, nella Venezia musicale della fine del XVII secolo. Aureli tratta il mito di Orfeo a suo modo, rispetta Virgilio e Ovidio, include Aristeo nel suo cast, ma aggiunge anche, in uno strano collage, personaggi inventati o estranei, nuovi antagonismi, intrusioni mitologiche improprie, concomitanze drammatiche e sovrapposizioni, doppi finali ecc. ecc. In questo dilatato schema Aureli opera la metamorfosi veneziana del mito classico. Ben poco del libretto deriva dal mito. Dopo il duetto nuziale che apre l'Opera, la scena della morte di Euridice si fa attendere per ben due atti interi, e solo l'inizio del terzo atto recupera la dinamica narrativa specifica del racconto vero e proprio. Con enfatica evidenza il mito si trasforma in un convenzionale intrigo della gelosia, e Orfeo č rappresentato non come un artista, cantore, ecc., ma come un semplice marito geloso (aspetto questo che troveremo segnalato nelle nuove intitolazioni che l'opera di Aureli assume nelle sue numerose riprese: Amore spesso inganna, Orfeo a torto geloso, ecc.).

Sartorio, il collaboratore musicale di Aureli, era maestro di cappella del Duca di Braunschweig. Autore di 15 melodrammi (di cui due soli, tra cui Orfeo, su libretto di Aureli), era musicista molto quotato, buon pittore di forti emozioni: gelosia, odio, paura, pathos. Le sue arie comiche sono ben caratterizzate per nettezza dei contrasti, caricatura di gesti, rapiditā dei movimenti.

Ambiguitā e sorpresa, oltre al fatto indiscutibile della notevole presenza di moltissime arie (in misura evidentemente caratteristica) sono le cifre estetiche che fanno dell'Orfeo un capostipite della poetica musicale teatrale del suo tempo. Ambiguitā e sorpresa si connettono con l'intreccio in cui si attua una vera e propria demitizzazione di un mito familiare, noto e consacrato. Ed č una ambiguitā che genera sorpresa giā che il mito di Orfeo č il demiurgo della stessa nascita del genere teatrale melodrammatico, ed č il tramite di una lunga persuasione sulla verosimiglianza dei portati del genere stesso. Ed č anche il tramite di una azione di propaganda ideologico-estetica circa il potere e la efficacia dell'arte musicale.

Č evidente quindi che la decostruzione teatrale del mito, in un melodramma fortunato, significa che nel 1673, dopo che centocinquanta melodrammi hanno premuto per trentasei anni sulla scena veneziana, il teatro musicale non ha pių bisogno di propaganda o di dimostrazioni nč della verosimiglianza del suo stile, nč della efficacia e del potere della sua arte. Il che, in altri termini si traduce in una ulteriore, allegorica, prova di forza, di efficacia e di potere dell'arte e dello stile musicale.