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LIBRETTO
Orfeo
ed Euridice
di
Joseph Haydn (1732-1809) Prima: Personaggi: L’opera
fu commissionata a Haydn da John Gallini, l’impresario di un nuovo teatro
d’opera sostenuto dal principe di Galles, il futuro Giorgio IV. Haydn, che si
trovava a Londra, ricevette il libretto redatto da Badini, poeta del teatro
d’opera italiano, nel gennaio 1791. La ‘prima’ avrebbe dovuto avere luogo
il 31 maggio dello stesso anno, ma Gallini non ottenne la licenza di apertura
del teatro e l’opera di Haydn rimase manoscritta e dimenticata fino al 1951,
quando fu allestita a Firenze. La partitura autografa è forse incompleta nel
terzo atto ed è problematico ricostruire l’esatta successione dei numeri. È
stata anche avanzata l’ipotesi (Feder) che il finale tragico non sia quello
definitivo, ma che preluda al trionfo della Filosofia, della Giustizia o di
qualche altra allegoria illuministica. Atto
primo
. Euridice è promessa sposa ad Arideo per volere del padre, ma ama, ricambiata,
il cantore tracio Orfeo. Per sottrarsi alle nozze, fugge nella selva dove
incontra alcuni mostri. Orfeo riesce a incantarli con la propria musica e a
salvare Euridice, e Creonte è costretto ad accettare l’amore dei due giovani.
Atto
secondo
. Un guerriero di Arideo tenta di rapire Euridice, che fugge, viene morsa da un
serpente e muore invocando Orfeo. Orfeo intona un lamento, mentre Arideo e
Creonte manifestano i loro propositi di vendetta. Atto
terzo
. Tutto l’atto è dominato da arie e cori di contenuto morale; un genio
inviato dalla Sibilla promette a Orfeo di accompagnarlo negli inferi. Atto
quarto
. Negli inferi. Un coro di ombre infelici e di Furie accoglie Orfeo, che chiede
a Plutone di oltrepassare la soglia infernale. Appare Euridice. Il coro
raccomanda a Orfeo di non voltarsi, ma questi non riesce a trattenersi e la
perde per la seconda volta. Il genio abbandona il suo protetto, che cade nella
disperazione. Tornato nel mondo dei vivi, Orfeo incontra un coro di baccanti, e,
ormai indifferente all’amore e ai piaceri, accetta da loro una coppa di
veleno. L’opera si conclude su un coro delle baccanti, che, volendo far vela
per l’isola dei piaceri, rischiano di soccombere alla furia di una tempesta. Questa
curiosa rivisitazione del soggetto di Orfeo ed Euridice mostra molte
incongruenze: le più vistose sono l’introduzione dei caratteri secondari di
Creonte e Arideo, che non hanno nulla a che vedere con il mito originale,
narrato nelle Georgiche di Virgilio e nelle Metamorfosi di Ovidio.
Enigmatico è il titolo stesso: L’anima del filosofo . Chi è il
filosofo? Orfeo che esercita il dominio sulla natura tramite la forza
incantatrice della musica, oppure l’anima del filosofo è Euridice, o, ancora
lo stesso genio che lo conduce agli inferi, come Hermes psicopompo o il Virgilio
dantesco? Il senso di queste innovazioni vanno ricondotte sia all’esigenza di
introdurre elementi nuovi in un soggetto troppo sfruttato, sia al desiderio di
trovare occasioni per arie dottrinarie e sentenziose, consone al gusto
filosofico di Badini, il traduttore italiano delle Pensées di Pascal.
Anche Haydn sembra evitare analogie con i celeberrimi esempi gluckiani: Orfeo
non ha un’aria di fronte alle porte infernali, né Euridice, quando compare
per l’ultima volta. I numerosi cori, più spesso a due e talvolta a quattro
voci, sono di eccellente fattura (come è da aspettarsi da un consumato autore
di musica sacra e dal futuro autore della Creazione e delle Stagioni
) e l’aria di Euridice in punto di morte è molto toccante (“Del mio
core”). Grande rilievo è dato alla scrittura orchestrale sia nei ritornelli
delle arie e dei duetti sia nei recitativi accompagnati che precedono le arie
principali, per lo più monostrofiche o bipartite. Inutile cercare tuttavia una
coerenza drammaturgica o un piano musicale di grande respiro, paragonabile ai
coevi esempi mozartiani; in ambito teatrale Haydn accettò e seguì le
convenzioni del genere, ravvivandole talvolta con felici invenzioni e una ricca
scrittura musicale con l’attenzione rivolta tuttavia al canto, piuttosto che
al dramma. |